«Papa Francesco ha parlato agli europei con amore. E l’amore o è autentico oppure è ipocrita. E per essere autentico l’amore non deve fingere e non deve sviare i problemi. E il Papa ha detto agli europei, a noi cittadini europei, la verità. A partire soprattutto dall’invecchiamento demografico e spirituale che attraversa l’Europa, che passa da “madre” a “nonna” e come tale non è più fertile. Il Continente europeo è un po’ “invecchiato” quindi “madre Europa” sembra diventata “nonna Europa”, aveva sottolineato Bergoglio. E non è solo un problema di età anagrafica. È soprattutto un problema di appagamento e di mancanza di Futuro. Sfide come quella dell’allargamento dell’Ue e come quella dell’immigrazione, citate dal Papa in positivo e non solo come limiti, sono quindi stimoli essenziali per un’Europa che abbia voglia ancora di guardare lontano». Enrico Letta, da sempre convinto europeista, commenta il recente viaggio-lampo (3 ore e 50 minuti) di Papa Francesco a Strasburgo nella Sede del Parlamento Europeo avvenuto lo scorso 25 novembre a 50 anni dalla proclamazione di san Benedetto patrono del Vecchio Continente. «La costruzione europea è stata fin dall’inizio profondamente marcata dall’impegno del pensiero cristiano. Sono stati tutti i leader cristiano democratici ad aver voluto l’Europa e ad averne accompagnato la crescita, affiancati in seguito da esponenti di altri pensieri e ideologie. Penso si possa tranquillamente dire che l’Unione Europea sia stata la più grande realizzazione storica che sia stata portata avanti dal pensiero cristiano democratico in politica» ricorda Letta, nato a Pisa nel 1966, sposato e padre di tre figli, una lunga esperienza in politica, Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014.
Che cosa pensa del discorso di Papa Francesco a Strasburgo in particolare al punto in cui ha esortato che “l’Europa ruoti intorno alla sacralità della persona umana e non all’economia”?
«Il discorso di Papa Francesco è stato doppiamente significativo. Ha rappresentato una pietra angolare del pensiero lungo, in questo tempo cosi leggero e superficiale e allo stesso tempo ha dato indicazioni profonde anche sull’attualità. Non si è quindi limitato a un richiamo a valori di carattere generale. E su entrambi i registri, quello lungo e quello breve, è riuscito a lasciare il segno. Lo stesso richiamo alla centralità della persona al posto della centralità dell’economia è stato sviluppato nel discorso su entrambi i registri e lasciando sempre il segno».
Durante il viaggio pontificio più breve nel centro del Vecchio Continente e nel cuore delle istituzioni europee, il Papa ha toccato molti argomenti importanti tra i quali l’ambiente “questa nostra amata Terra che è la grande risorsa che Dio ci ha dato” e l’immigrazione. “Non si può tollerare che il Mar Mediterraneo diventi un grande cimitero! Sui barconi che giungono quotidianamente sulle coste europee, ci sono uomini e donne che necessitano di accoglienza e di aiuto”. Un dramma che sembra non avere soluzione, cosa ne pensa?
«Il passaggio sull’immigrazione era senz’altro quello più atteso dati i precedenti del viaggio del Papa a Lampedusa. E le parole vibranti che Egli ha pronunciato non si sono limitate anche qui a un richiamo ai valori ma sono entrate nel profondo dei problemi sottostanti. In particolare il Papa ha espresso con forza la necessità di una ripresa di politiche a favore dello sviluppo dei paesi in difficoltà, politiche il cui ridimensionamento in questi anni di crisi ha reso ancora più incessante il flusso migratorio. Rimane che complessivamente l’Ue è deficitaria sul tema delle migrazioni. E il modo con il quale è stato trattato e giudicato l’impegno italiano di “Mare Nostrum” è un brutto segno di una generale sottovalutazione del fenomeno e di tutte le sue drammatiche ricadute. Tra l’altro proprio sulle insufficienze nella gestione del tema delle migrazioni prosperano i populismi che in vari paesi europei, a seguito della crescita della disoccupazione, rappresentano ormai la prima o la seconda forza politica nazionale. Se si continua a sottovalutare cosi il fenomeno, avremo presto i populisti al governo in molti importanti paesi europei. E non sarà un bene né per i cittadini europei né per i rifugiati e i migranti».
La decisione del primo Papa non europeo nella storia della Chiesa di accettare l’invito al Parlamento europeo di Strasburgo “prima di ogni altra visita individuale in uno Stato membro dell’Ue è in sé un segnale forte”, perché “Papa Francesco marca così il suo sostegno e il suo incoraggiamento al perseguimento del progetto di integrazione e di unità dell’Europa”, ha commentato il card. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco di Baviera, Presidente della conferenza episcopale tedesca e Presidente della Comece (Commissione delle conferenze episcopali della comunità europea). Che cosa ne pensa?
«Il cardinal Marx ha dato il giusto risalto storico a questo passaggio. Una tappa storica con il primo Papa non europeo che decide di spingersi cosi avanti a favore del processo di integrazione europeo, facendolo tra l’altro nella lingua di Alcide De Gasperi e di Altiero Spinelli cioè di quella tradizione nazionale che più di ogni altra ha lavorato per l’integrazione comunitaria. E questo è avvenuto proprio nel momento di maggior crisi dell’idea europea. Con un valore quindi ancora maggiore».
“L’Europa si è interessata di più della globalizzazione dell’economia e delle finanze che stanno diventando un idolo piuttosto che della globalizzazione della solidarietà. Se l’Europa non torna a essere per i popoli che la costituiscono un centro propulsore di solidarietà a tutti i livelli ha fallito il suo scopo”. Condivide la dichiarazione del Card. Gualtiero Bassetti, vescovo di Perugia?
«Purtroppo la centralità della finanza è stata il cuore della crisi che ancora ci portiamo dietro. Ed è una centralità che solo parzialmente ha trovato ridimensionamenti durante il tentativo europeo di uscire dalla crisi. Per questo ogni esortazione a superare questi limiti e a mettere al centro la persona e i suoi bisogni coglie nel segno. Se non si cambia direzione e non si ridà calore alla nostra società la crisi non verrà mai superata. Dalla crisi si esce solo con uno sforzo corale. Tutti insieme».
La crisi economica che stiamo attraversando ha fatto emergere quanto l’Ue sia una costruzione ancora fragile per il suo sostanziale debole assetto unitario, incapace di rispondere alle esigenze e alle aspettative dei cittadini europei. È questo malessere che favorisce la recrudescenza delle mai sopite tendenze populistiche ed euroscettiche?
«Il populismo è frutto soprattutto della disoccupazione e del drammatico aumento delle incertezze sul futuro del lavoro e del potere di acquisto delle famiglie. Queste incertezze rendono cosi insopportabili gli immigrati per tante parti delle nostre società. Mai queste dinamiche son state cosi improvvise e nei paesi nei quali piu duro è stato l’impatto sociale della crisi, maggiori sono i progressi dei movimenti populisti ed euroscettici. Non a caso la Germania, che non conosce la crisi, non è coinvolta da questi fenomeni. Bisogna quindi con politiche europee efficaci e lungimiranti far ripartire la crescita e battere la disoccupazione, altrimenti il populismo vincerà. Non ci sono altre scorciatoie possibili».
Intervista realizzata da Alessandra Stoppini per Sant’Alessandro (settimanale online della Diocesi di Bergamo), pubblicata il 13 dicembre 2014.
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