venerdì 24 agosto 2012

Cravatta, guai a chi me la tocca

L'imprenditore Matteo Marzotto difende l'accessorio: "Io non vedo una diminuzione dell'uso della cravatta in senso assoluto, mi sembra anzi che resti un simbolo di rigorosa formalità". 


Nell'ambiente della moda la cravatta è spesso un optional. Ma l'imprenditore Matteo Marzotto, 45 anni, presidente della Maison Vionnet, ce l'ha sempre. Ha il suo stile e lo difende. Che cosa pensa di politici e imprenditori che, sempre più spesso, adottano uno stile casual come è successo a Sun Valley e nel Maryland? «Attenzione a non fare confusione: gli americani sono molto precisi. Ci sono particolari situazioni in cui danno istruzioni sul dress-code. Quando specificano, ed è appunto il caso degli incontri di Sun Valley e del Maryland, che l'abbigliamento deve essere informale, la decisione è stata pianificata. Io non vedo una diminuzione dell'uso della cravatta in senso assoluto, mi sembra anzi che resti un simbolo di rigorosa formalità. Che mi trova assolutamente d'accordo». 

Faccia un esempio di come secondo lei andrebbe portata la cravatta.
«Una giacca spezzata con una cravatta colorata sdrammatizza. Oppure si può abbinare un completo di tweed a una bella cravatta chiara. L'importante è creare un contrasto: io le acquisto sempre volentieri, perfino nei negozi degli aeroporti, perché mi diverte magari una certa riga o mi piace un particolare punto di colore».
Quali sono le sue marche preferite? «Marinella e Finollo sono due must del gentiluomo italiano. Devo dire, però, che anche Ratti fa una cravatta eccezionale. Non me le faccio mai regalare, le scelgo da solo perché ho le mie manie».





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