È una piccola rivoluzione quella che si sta consumando tra i manager del marketing. Rivoluzione favorita in parte dalla crisi economica, che ha imposto un taglio ai budget operato in misura maggiore proprio su questa funzione, e in parte dall’accrescimento tecnologico dei metodi e degli strumenti utilizzati per "piazzare sul mercato" i nuovi prodotti.
Oltre alla teoria del padre del marketing, Philip Koetler, che nel suo ultimo lavoro del 2009 "Chaotics" ha continuato a definirlo come un processo manageriale diretto a soddisfare i bisogni attraverso la creazione e lo scambio di prodotti, il marketing è divenuto uno strumento sempre più strategico per le aziende. E case histories come quella della Apple dimostrano che, in un mercato anemico, lo strumento più efficace per conquistare il cliente è proprio questo.
A conferma di ciò una ricerca realizzata dal Centro di Formazione Manager del Terziario (Cfmt) rivela che quella del marketing è stata negli ultimi due anni la funzione più stabile in termini di ricambio professionale e che per il 61% dei dirigenti intervistati proprio il marketing sarà uno dei fenomeni che impatterà maggiormente sul business dei prossimi anni.
«Il marketing sta acquistando sempre maggiore importanza per vari motivi – commenta Marcella Mallen, presidente del Cfmt – non ultimo l’impatto della digitalizzazione sulla vita di tutti noi. La necessità di collaborare di più all’interno e all’esterno (fornitori, clienti ecc.) delle aziende, la sempre più reale globalizzazione e multiculturalità dei mercati anche di quelli nazionali e la necessità di tornare a pensare in modo globale, ma agendo localmente, diventano elementi centrali per il successo di un’azienda, e il marketing ne è l’area funzionale più interessata».Da qui la specializzazione sempre maggiore dei manager che operano nel settore chiamati a ricorrere a strumenti sempre più sofisticati come il Romi (return on marketing investments), un indice che misura il ritorno economico degli investimenti in marketing. A questo proposito uno studio realizzato su 300 imprese dall’Area Marketing della SDA Bocconi School of Management rivela che le aziende italiane non hanno nulla da invidiare a quelle straniere. Nella competizione internazionale i player del made in Italy vantano competenze maggiori nello sviluppo di nuovi prodotti, nella gestione dei canali informativi e nella gestione del marchio. Sono più indietro invece nell’utilizzo delle informazioni di mercato, nella pianificazione e nell’implementazione dei processi di marketing.«Il marketing – commenta Bruno Busacca, professore universitario e Direttore Divisione Master della SDA Bocconi – ha vissuto un momento molto difficile con la crisi economica perché i tagli aziendali sono finiti in larga parte lì. Detto questo, è proprio il ritorno all’economia reale figlio della crisi che restituirà importanza e centralità alla funzione del direttore marketing. Del resto, se si guarda al mercato, le aziende che registrano i tassi di crescita maggiori (pensiamo alla Apple negli Stati Uniti ma anche alla Tod’s in Italia) sono quelle che hanno una forte capacità di lavorare sul mercato e nelle relazioni con i clienti». Una sensibilità diffusa anche in Italia dove un’azienda come la Ducati mantiene uno strettissimo legame con i suoi appassionati, che vengono utilizzati come interfaccia per le ricerche di mercato. Lo stesso è accaduto con il lancio della nuova "500" quando la Fiat ha presentato la piattaforma Internet "500 wants you" usata per interagire con i potenziali acquirenti. Ovviamente permane una netta differenza tra le medie e le grandi aziende.
«Nelle aziende medie – spiega Luca Temellini, ad della società di executive search EXS Italia, controllata da GI Group (multinazionale italiana specializzata nel mercato del lavoro) – l'attività di marketing è custodita dalla proprietà, che la interpreta come sviluppo di prodotto. Dunque non strumenti per vendere di più, ma grande attenzione alla qualità e all'affidabilità. Questo vale soprattutto per il settore manifatturiero che, nonostante tutto, punta fortemente, e con successo, sull'esportazione».Diverso è il caso dei grandi, dove tutto ruota intorno alla figura del manager, sempre più internazionale e costretto a fare i conti con una competizione agguerrita. «Il ruolo del direttore marketing è cambiato molto nell’ultimo periodo – dichiara Paolo Carrozza, a capo del Market Management & Strategic Marketing per il Mediterraneo, Africa e Medio Oriente del Gruppo Euler Hermes, controllato dal Gruppo Allianz e leader nell’assicurazione al credito – mentre prima il suo compito era principalmente quello di cercare nuovi clienti, adesso è chiamato a valutare i clienti più profittevoli, e a selezionarli perché gli investimenti si sono ridotti e le politiche aziendali si focalizzano su target precisi».«Il manager – continua – partecipa al posizionamento dell’azienda e opera sempre in stretto contatto con le altre funzioni, come il risk management, la finanza, il commerciale e le risorse umane. Per questo un aiuto arriva dalle nuove tecnologie, come i social network e in generale gli strumenti digitali, che permettono di abbattere i costi e veicolare il messaggio ai clienti di riferimento senza disperdere risorse».
E proprio i social network e il web marketing sono ormai, secondo la Bocconi, un riferimento strategico sul mercato e il 38% delle aziende afferma di effettuare campagne di comunicazione online e di lanciare in rete i suoi piani di marketing. Un altro tassello di una rivoluzione che ruota intorno alle attitudini innovative dei manager, ma fonda le sue basi sulla loro capacità di vedere in anticipo dove andrà il mercato.
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