«Eataly di Roma sarà il più grande del mondo», Oscar Farinetti, già fondatore di UniEuro, ha spinto il piede sull’acceleratore. Dopo aver fatto decollare nel 2007, a Torino, il primo tempio dell’enogastronomia facendo rivivere la vecchia sede della Carpano con una formula del tutto innovativa, ne ha aperti altri 7 in Italia, più cinque in franchising, 1 a New York e ben 7 in Giappone.
Ma da aprile, con l’apertura di Eataly Roma, parte la nuova stagione. «Ora che abbiamo verificato che la formula funziona anche sotto il profilo economico e che guadagna, possiamo ampliare la rete e dare il via definitivo al progetto», racconta. Cinquantasette anni, figlio del comandante Paolo, un partigiano leggendario che a capo del XXI Brigata Matteotti ha liberato Alba, oggi è lui a scrivere un pezzo di storia, stavolta economica, d’Italia.
La sede di Roma aprirà il 21 aprile. Stessa la formula, cibo di qualità a prezzi sostenibili, ma le dimensioni sono impressionanti: 16.000 metri di superficie, disposti su 4 livelli che diventeranno un vero e proprio epicentro del gusto e qualità culinaria made in Italy. Anche la sede parla: la stazione Ostiense, il terminale dei treni alta velocità di Ntv, la compagnia privata di Montezemolo.
Ci saranno 14 ristoranti a tema dedicati a carne, pesce, salumi, formaggi, pasta, pizza, panini, pasticceria, piadineria, gelateria, cucina tipica laziale. Una novità assoluta: la friggitoria. E poi supermercati, rigorosamente d’élite. Una enoteca imponente, per esaltare i vini locali ma proporre anche etichette estere più difficili da trovare. «Si compra dove mangi e mangi cosa compri, ma impari anche», racconta Farinetti. Già perché il grande centro congressi e la sala eventi sono deputati a ospitare lezioni, showcooking e degustazioni. Si imparerà anche a vedere come si produce, nel piccolo birrificio artigianale, e dove la mozzarella verrà fatta a vista. Insomma, «un grande ambaradam», come dice lui stesso.
La sede è nella stessa zona della Città del gusto del Gambero Rosso. Una guerra in vista? Magari, invece, una nuova alleanza in nome del Made in Italy Alto di gamma.
Cibi di qualità a prezzi abbordabili. Il business corre su due binari: Eataly distribuzione, con la partecipazione societaria di Coop, e Eataly produzione, con 19 aziende di cui Eataly è diventata socia, in qualche caso con partecipazioni solo del 20%.
«Un’operazione e unica, ha creato la marcainsegna nel fresco dove trovare dei brand era finora praticamente impossibile», commenta Armando Branchini, segretario generale di Fondazione Altagamma. Racconta Branchini: «Ci ha lavorato sopra tre anni creando un modello di business innovativo che ha alle spalle una catena logistica forte. Innovativa è anche l’idea di entrare come socio nella gran parte dei fornitori, piccoli produttori di nicchia che potevano rischiare o di restare strangolati sui prezzi o di venir travolti dall’aumento improvviso di richiesta. Invece, come insegnano Gucci o Ferragamo, si può crescere mantenendo l’eccellenza».
Prendiamo una delle otto cantine in portafoglio, Fontanafredda, dismessa dal Monte dei Paschi di Siena. Ha abolito i concimi in vigna, abbattuto la solforosa nel vino, confezionato con vetro riciclato le bottiglie. Il risultato: etichette di punta che sposano la moda del naturale con il prodotto di eccellenza. D’altronde è nato il 24 settembre «in piena vendemmia», come ama ripetere, «da madre di Barolo e padre di Barbaresco», racconta. Ma la formula si ripete con successo anche con gli altri prodotti: il culatello, la pasta di Gragnano, e tutti gli altri presidi Slow Food, il perno di tutta l’operazione.
Il Bulgari dell’enogastronomia ma che, grazie al modello di business, riesce a tenere i prezzi abbordabili per tutti.
Tra le società partecipate due marchi di birra che si sono affermati in tutto il mondo. Baladin di Teo Musso, il birraio più bravo del mondo, come l’ha premiato la Heineken, che da Piozzo, in provincia di Cuneo, è approdato a New York, sulla terrazza del Flatiron Building, il grattacielo più famoso di New York dove ha sede Eataly, all'incrocio tra la Quinta Strada e Broadway. L’altro è La Birra del Borgo, di Borgorose, vicino Rieti, fondata da Leonardo Di Vincenzo, altro guru internazionale della birra artigianale.
Dal nord al sud, la marcia si fa inarrestabile. «Entro l’anno apriranno le sedi di Bari e Piacenza e nel 2013 a Milano e Firenze. A Milano una sede già c’è, ma quella nuova sarà imponente, nell’ex teatro Smeraldo. Poi nel 2014 inizia l’approdo nel resto d’Europa, cominciando da Londra», annuncia Farinetti. Una bella vetrina per il Made in Italy agroalimentare, che sempre più si sta rivelando uno degli asset chiave della nostra economia.
Il giro d’affari, oggi attorno ai 200 milioni di euro tra distribuzione e produzione, è destinato a moltiplicarsi. Ripetendo il successo che Farinetti aveva già sperimentato nei consumi di elettronica, con UniEuro, insegna che nasce ad Alba nel 1967, come supermercato fondato da Paolo Farinetti, il padre di Oscar, con un nome ispirato al mercato unico, nato con i trattati di Roma. Poi lo sbarco in Liguria e l’espansione dell’insegna negli elettrodomestici, con la formula del franchising. UniEuro, che nel frattempo aveva comprato anche Trony, è stata venduta nel 2002 al gruppo britannico Dsg International. E lì comincia la nuova avventura.
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