Adriano Olivetti (1901-1960) aveva ereditato dal padre la fabbrica di macchine per scrivere e calcolare che porta il suo nome. È stato un imprenditore di successo, il più rivoluzionario industriale della storia italiana, un raffinato intellettuale, un grande editore, uno sfortunato uomo politico. La sua impresa è stata un’avventura culturale ma più ancora il sogno di un’azienda che, accanto alle macchine per scrivere, produceva idee di libertà e di responsabilità, progetti civili, insediamenti sociali nel Canavese, l’idea di un mondo migliore, persino una casa editrice (la straordinaria esperienza delle Edizioni di Comunità).
Carlo De Benedetti lo ha tratteggiato in tre parole: «materiale » nel dirigere la fabbrica, «un vero padrone nel senso ottocentesco del termine», «esoterico » nel rapportarsi con le persone (prima di assumere qualcuno lo sottoponeva a un esame calligrafico), «esteta» nel concepire le cose che fabbricava.
Per definire Steve Jobs (e ringraziarlo per come ci ha migliorato la vita) basterebbe rileggere il testo del discorso pronunciato a Stanford nel 2005 in occasione della festa del graduation day: «Il vostro tempo è limitato, quindi non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altri. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui lasci affogare la vostra voce interiore».
Aldo Grasso - Corriere della Sera
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