Per i particolari ci sarà tempo. Di qui all’eternità, ce ne sarà di tempo per stupire dell’originalità del carisma di don Giussani. Ce ne sarà per vedere ingigantire la sua figura di «difensore della ragione dell’uomo», come ha proclamato di lui papa Giovanni Paolo II nella sua lettera autografa del 22 febbraio 2005. è andata proprio così. Fosse gente che passava da casa sua o in cui egli si imbatteva per strada, in tram, nelle aule e corridoi di scuole, uffici, università, in una sperduta parrocchietta d’Italia o su in cima al monte Koya dei monaci buddisti, Luigi Giussani c’era. E c’era per rendere ragione della speranza che era in lui, Gesù Cristo. Una speranza fissata in uno sguardo così penetrato di umanità e di fraternità, che Giussani è arrivato fino al punto di chiedere perdono ai fratelli ebrei per aver riconosciuto in Gesù il Messia. Tutto questo è durato almeno cinquant’anni. Ci sarà tempo, molto tempo, anche prima di quello eterno, perché le cose dell’altro mondo che Giussani ha detto e testimoniato al popolo e perciò a ciascuna delle migliaia e migliaia di persone in cui si è imbattuto, siano compulsate, studiate e mandate a memoria come il poema dantesco. Perché è un Dante, Giussani. Non c’è dubbio. è l’Alighieri della condizione umana in rapporto al Destino. Aveva proprio ragione lui, «io vedo quello che vedete voi, ma vedo di più di quello che vedete voi». La partenza di Giussani non è mai stata la religione, ma l’uomo, l’uomo intero, l’uomo come vis appetitiva, l’uomo come “capacità di Dio”. Incalzava Giuss, «no, non si può conoscere Cristo se non si ha passione per l’uomo». L’essere, la meraviglia dell’essere, era per Giuss questione di vita o di morte. Non nell’iperuranio di categorie filosofiche, ma nell’aut aut della ragione che «nella mendicanza al Mistero che fa tutte le cose» deve affermare il motivo per scendere giù dal letto ogni mattina. Per partire, e per ripartire. «Come fanno le cose a essere?» lo hanno continuato sentir stupire negli ultimi giorni della sua vita. Sempre in lotta, sempre ad affermare, sempre a chiedere perdono, sempre a perdonare. Ecco chi era don Luigi Giussani – come disse a conclusione di un suo intervento al Meting di Rimini – un «Vi auguro di non essere mai tranquilli!». «L’amore è generatore dell’umano secondo la sua dimensione totale, vale a dire l’amore è generatore della storia della persona in quanto generazione di popolo». «Non l’amore come espressione della propria voglia; non come reattività, non come “tenerume”». «L’amore è: essere per, essere per l’Ideale, essere per il disegno totale, dove la bellezza e la giustizia sono salve». |
sabato 14 maggio 2011
"Vi auguro di non essere mai tranquilli"
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