domenica 29 maggio 2011

Pantaloncini: eleganti negli anni 30. Le regole per evitare la deriva trash

In questi giorni si è letto il caso di una scuola in cui il Preside non voleva che entrassero gli studenti in bermuda e con le spalle scoperte. Ora non vorrei sembrare "rigido" o "bacchettone", ma l'uso del pantaloncino presumerebbe, il condizionale è d'obbligo, un abbigliamento consono e luoghi adeguati.
Quando eravamo ragazzi, e parlo della generazione dei "baby boomers", il pantaloncino corto alle elementari e alle medie, rigorosamente al ginocchio, non era una moda, bensì la normalità. Dettata anche dall'epoca, dalla recente storia di sofferenze patite dai genitori a causa del periodo bellico. Il pantalone lungo era riservato, a volte, per le cerimonie. Erano gli anni successivi che prrevedevano l'uso del lungo. Era una questione anche di decoro.

Ecco il decoro. Personalmente penso che sia quasi scomparso. Oggi appena la temperatura si avvicina ai 24/25°, è già tutta una corsa a svestirsi. Uomini e donne. Pare che il caldo sia ormai insopportabile. E dire che ormai anche da noi tutti i locali sono climatizzati. Ma non basta. E la cosa che mi inorridisce maggiormente è che vedi persone, "descamisados" come li chiamo io, aggirarsi in canottiera, bermuda (nemmeno calzonicini) e magari anche zoccoli, per ospedali, uffici pubblici, centri storici, chiese e anche cimiteri, a volte, che si trascinano più che camminare.

Il pantalone corto piace molto anche a me, ma si dovrebbe, ancora d'obbligo, conoscerne anche le regole. E di conseguenza indossarlo nei modi e luoghi dovuti. Ma questa è una società in cui sembrano che i diritti debbano sopraffare i doveri, e il gradio di civiltà che esprimiamo si nota anche in come vestiamo e ci comportiamo per strada. Purtroppo.

Riporto di seguito un simpatico articolo uscito sul Corriere della Sera sulle regole che sarebbero da seguire per l'utilizzo del pantaloncino corto.

All' inglese Giuseppe Scaraffia: meglio portarli con calzettoni in filo di Scozia e scarpe stringate

Si può essere messi alla porta della propria scuola, ma anche bloccati all' ingresso del club preferito. Tutta colpa dei bermuda (in questo caso nell' incauta variante «pinocchietto») se Rino Gattuso, la scorsa estate, non ha potuto mettere piede al Jimmy' z di Montecarlo. Dress code cannato, anche per un vecchio condottiero dai polpacci d' oro. Con l' arrivo dei primi caldi si riaffaccia la vexata quaestio: bermuda sì o bermuda no? La deriva trash del capo nato con buone intenzioni nell' alta società americana degli anni Trenta divide la platea. «Bermuda no, a meno che non si decida di portarli all' inglese, con i calzettoni in filo di Scozia fino al ginocchio e Clarks stringate», spiega Giuseppe Scaraffia, docente di letteratura francese alla Sapienza di Roma, rassegnato alla visione quotidiana di studenti in bermuda e tatuaggi, «persino in sede di laurea». «Forse bisognerebbe insegnare a questi ragazzi che l' eleganza si esprime con la sopportazione dei climi più ostili: ovviamente andrebbe spiegato anche ai taxisti con le canottiere a tela di ragno e a tutti quelli che per professione devono indossare sempre la divisa, estate compresa». La faccenda si fa meno grave se a giocare a ginocchia scoperte sono le donne: le gambe (di solito) sono più aggraziate e se l' età e il fisico lo concedono si può sconfinare nell' hot-pants, come l' Eva Herzigova mozzafiato apparsa sul tappeto rosso di Cannes. Anche per le ragazze il contesto deve essere quello giusto: bermuda vietatissimi nelle aule universitarie, sconsigliati nelle occasioni formali (bocciata Michelle Obama sulla scaletta all' Air Force One), promossi a sorpresa in una serata mondana. «Di giorno non hanno controindicazioni, magari portati con espadrillas con un po' di tacco: quelli dal taglio confort e poco scosciati sono belli anche sulle signore», dice la stilista Luisa Beccaria, ambasciatrice di uno stile raffinato ma eccentrico. «Di sera, con un bel sandalo gioiello e in un tessuto fluido, possono essere rivisitati come capo elegante». E gli uomini? «Difficile evitare l' effetto smandrappato: a meno che non si stia partendo per il weekend in campagna è meglio lasciar perdere».
Proietti Michela



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