domenica 29 maggio 2011

In ufficio è tempo di rivoluzione. Addio al mito della scrivania fissa

Chissà se in Italia ci sarà sufficiente responsabilità e senso del dovere per non approfittarsi di questa modalità che sarebbe una soluzione a tanti costi aziendali e contribuirebbe al miglioramento della qualità di vita personale, oltre a quello di tutta la comunità. E' una bella sfida.

Dal Corriere della Sera: Microsoft Italia ne «smaterializza» 830: si lavorerà con telefonino e tablet. Novità: Si punta a obiettivi individuali. In Olanda le vendite sono aumentate del 50 per cento

Tempi duri per chi scalda la sedia al lavoro pensando così di fare carriera. Microsoft Italia sta per diventare un laboratorio vivente per l'organizzazione del lavoro, vecchio empasse nazionale: «smaterializza» 830 scrivanie. Le comprime in smartphone (rigorosamente consumer) e tablet liberando i dipendenti dalle rigidità degli orari. E punta tutto sugli obiettivi individuali e l'autodisciplina. «In Olanda Microsoft lo ha fatto quattro anni fa e le loro vendite sono aumentate del 50%. È replicabile anche qui il modello?». Se lo sta domandando in questi giorni Pietro Scott Jovane, amministratore delegato del gruppo di Redmond in Italia. E se lo domanda anche se la risposta se l'è già data visto che tra un mese si parte, appena sarà concluso il passaggio nella nuova sede aziendale. Sarà tutto online, wireless, light nel senso che la tecnologia deve essere veramente tascabile e facile, proprio come quella che le persone sono ormai abituate ad avere in casa. Eppure Scott Jovane è convinto che la matrice di questo passaggio non sia la tecnologia, che rimane solo un mezzo. «Dobbiamo riconoscere che c'è una sorta di grey market tra vita familiare e aziendale. Se come manager non permettiamo ai dipendenti di "portare" la famiglia durante l'orario di lavoro dimentichiamo che loro si portano il computer a casa, portando il lavoro tra coniugi e figli». Certo, è un discorso che stenta a essere comprensibile per le aziende industriali in cui la logica della «catena di montaggio» è ancora al centro della produzione. Ma per i servizi è spesso un problema culturale.

«Al concetto di presenza noi stiamo già sovrapponendo quello di presence, che può essere online. Ma è molto importante che quell'andare online sia facile, immediato, proprio come andare su Skype, per fare un esempio di un'azienda che abbiamo appena acquisito». Insomma, più il tablet che il laptop. Più lo smartphone con l'accesso a Facebook che il produttivo blackberry aziendale.

E la cultura cosa c'entra? «È uno sforzo che deve partire dai vertici: se sento un mio dipendente al telefono e "scopro" che magari è uscito per andare a prendere i figli a scuola o intercetto una mia dipendente che sta lavorando da casa per conciliare lavoro e impegni familiari non mi deve dare "fastidio" perché so che sta lavorando sugli obiettivi che gli ho dato e che dovrà portarli a casa entro i tempi prestabili. Perché solo così lo premierò. In altri termini mi devo fidare di lui e della sua capacità di autodisciplinarsi. È anche un modo per attrarre talenti giovani che, non dico che siano più bravi, ma sono pronti per questa organizzazione del lavoro autodisciplinata».

Le ricerche, sempre di più, dicono che le aziende che decidono di fare questo passo ne traggono benefici in vari termini: l'assenteismo, per esempio, tende a decrescere anche del 50%. Un po' per la riduzione dello squilibrio psicofisico. Un po' perché la possibilità di adeguare il lavoro alla vita personale - e non il contrario - permette evidentemente di essere più flessibili. O, anche, e soprattutto, la produttività come nell'esempio olandese. Ed è qui che la tecnologia può tanto. «Se un mio collaboratore invece di venire in ufficio alle 8 del mattino durante il picco di traffico, inizia a lavorare da casa in remoto e poi decide di venire alle 11, impiegando la metà del tempo durante il tragitto, per la produttività è tanto di guadagnato».

Per il resto, l'esempio degli smartphone con le email che ci inseguono in tasca in ogni dove e al quale diamo la "buonanotte" scrollando gli ultimi messaggi prima di infilarci nel letto, si commenta da solo. E dunque, conclude Scott Jovane, «perché un'azienda non dovrebbe essere flessibile come si stanno mostrando flessibili i dipendenti permettendogli di portare magari la cena a casa dalla mensa o unire a un viaggio di lavoro la propria famiglia?». L'appuntamento è in Microsoft tra un anno per vedere i risultati. E, magari, anche in qualche altra azienda.

Massimo Sideri



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