Però, la vecchia democrazia occidentale. Parte sempre male: lenta, litigiosa, tremebonda, confusa. Dittature e fanatismi le danzano intorno con baldanza sfrontata, esibendo idee chiare, rapidità d’azione, disciplina ferrea. Invadono le pianure della Polonia, sparano il primo uomo nello spazio, abbattono i grattacieli di Manhattan. La democrazia risponde con lo spettacolo desolante della sua impotenza. Balbetta, piange, si arrovella. Si mostra nuda e gonfia di piaghe allo sguardo dei suoi critici, che ne pronosticano i funerali imminenti. Ma passano i mesi, gli anni, talvolta i decenni, ed è ancora lì.
Che incassatrice formidabile, la democrazia. Difende la sconfitta e si riorganizza, rivelando riserve insospettabili di pazienza e talvolta anche di ferocia. Vince le guerre, conquista la Luna, stana i «cattivi» e non si vergogna di giustiziarli e di esultarne. Gli egoismi di cui è composta si raggrumano in qualcosa che non sarà mai il paradiso in terra, ma è pur sempre una comunità. Donne e uomini che non si sentono sudditi di nessuno e proprio per questo non inneggiano alla democrazia come a un totem salvifico, ma le restano affezionati. Ne sparlano e però poi la difendono: per poter continuare a sparlarne. Le dittature e i fanatismi sono emozioni violente e superficiali, che sorgono all’improvviso e all’improvviso si afflosciano. La democrazia invece è un sentimento. Scava nel profondo. Non fa battere il cuore. È il cuore. E il cuore, alla fine, vince sempre.
Massimo Gramellini - Buongiorno - La Stampa
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