…pure in carcere o’sanno fà … così cantava De Andrè nella sua canzone. La situazione è un po’ cambiata. Oggi gli errori commessi nei bar, rischiano di trasformare uno dei piaceri maggiori degli italiani, in una bevanda “al gusto di caffè” in pochi secondi.
Secondo un dato del 2006, ogni anno circa 22 milioni di persone consumano la colazione al bar. Su questo totale il 16% che lo fa almeno una volta alla settimana, mentre il 3,4% tutti i giorni. Di questi il 53% predilige il caffè, per un totale di 80 milioni di tazze consumate ogni giorno. L’abitudine al caffè (e la colazione) al bar sono un fenomeno talmente radicato in Italia, da suscitare la curiosità e l’interesse nel mondo tanto che, per citare il caso più famoso, “l’inventore” della catena americana degli Starbucks prese ispirazione anche nella capillarità della presenza, da un viaggio nel nostro paese.
Il caffè. Una consuetudine tutta italiana per iniziare la giornata, per spezzarla e riprendere con nuovo vigore: il lavoro, la lettura, la scrittura di un documento impegnativo o prima di chiudersi in riunione. La pausa-caffè aumenta la produttività. Il tempo che si passa davanti ad un caffè è comunque variabile, può essere consumato in pochi minuti, se di fretta, oppure può dilatarsi quando è sfruttato per affrontare un tema particolare o fare una chiacchierata informale, meno impegnativa. E’ un momento “particolare” in cui, tipicamente al bar, gustarsi l’aroma, lo spessore della crema, il tipo di torrefazione e valutare l’amore o l’umore dei baristi che influenzano assolutamente la preparazione.
Gli errori, in aumento, che vengono commessi nella preparazione sono dettati solitamente, da banali imprecisioni nell’esecuzione dovuti probabilmente alla scarsa cura che si pone in questo “rito”. E la differenza, tra un caffè ben fatto preparato da un barista preparato e uno improvvisato, si sente tutta. Come sostiene anche Luigi Odello, segretario generale dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano, che cita alcune sue stime, in una scala da 0 a 9, i caffè serviti nei bar del nostro Paese ottengono “al 50% un voto compreso fra il 5 e il 7, il 30% è bocciato con un punteggio fra 0 e 5 e solo il restante 20% rappresenta un’eccellenza, con un voto fra il 7 e il 9”. Numeri importanti come si vede, ma come distinguere quei bar dove vengono commessi gli errori ? L’Istituto cita alcuni consigli da seguire, ergo, parametri preziosi per una nostra valutazione: quando troppe tazzine vengono disposte sulla macchina, quelle dietro rimangono fredde; l’uso di tazzine cilindriche non aiuta la formazione della crema; tenere il caffè già macinato nel dosatore anziché in grani, e macinarlo un po’ alla volta, lo invecchia molto più velocemente; la presenza di fondi nel portafiltro crea nel nuovo caffè un sapore di bruciato o di fumo; un portafiltro sporco nei bordi non permette di agganciarsi bene alla macchina del caffè e di conseguenza il caffè sa di gomma bruciata; le dosi troppo scarse producono un caffè meno corposo e con meno aromi; l’uso di miscela scadente da un sapore di paglia e arachide; non pressare bene la polvere fa scorrere l’acqua troppo velocemente; infine niente fretta, il caffè dovrebbe uscire non prima di 25 secondi per dare la possibilità all’acqua di attraversare la polvere, diversamente si ha un caffè sottoestratto. Questo ultimo aspetto non è secondario.
Quando si decide di prendere un caffè non bisognerebbe essere impazienti, l’impegno e l’attenzione del barista sono fondamentali perché permettono di gustare anche quella “crema” naturale (3-5 millimetri), nella tazzina calda di questa meravigliosa bevanda. A questo proposito segnalo che il bicchierino d’acqua proposto in accompagnamento al caffè va bevuto prima, non dopo, in alcuni sorsi, per pulirsi la bocca e gustarne appieno la qualità e il retrogusto di nocciola e cacao.
Quindi il caffè oltre ad essere l’inizio di qualche cosa, è un luogo. Come dice Claudio Magris “è un’accademia platonica” dove si socializza: si chiacchiera, si racconta, ci si confida, è impossibile tenere comizi o predicare. Ovviamente se il caffè è buono.
Pierangelo Raffini
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