Cari Accademici, oltre mezzo secolo fa Giovanni Papini lanciava l’idea di una provocatoria storia scritta alla rovescia. Come si può, infatti, in una storia consuetudinaria, ricordare che circa 2011 anni fa in Palestina nacque un bambino dal nome di Gesù se non sapendo che divenne un grandissimo profeta di una nuova religione mondiale, o che nel 622 un piccolo gruppetto di fedeli guidato da un ancor sconosciuto Maometto, fuggendo verso l’Etiopia dalla penisola araba per sottrarsi alle ritorsioni dei propri parenti, diede avvio a un movimento religioso che poi coinvolse folle enormi? Soltanto guardando indietro si possono riconoscere le radici del proprio presente e quindi progettare e costruire un futuro. Su questa linea cogliere l’occasione degli anniversari diviene importante, anche nella prospettiva secondo la quale ogni generazione deve ricostruire la propria storia, quale elemento di un’ineliminabile ed essenziale identità. Mai come oggi, in un periodo d’intensa se non selvaggia mondializzazione, abbiamo necessità di realizzare una nostra storia identitaria e di cercarne le radici in occasione d’eventi quali sono gli anniversari.
Nell’anno che ora inizia celebreremo la ricorrenza dei centocinquanta anni dell’Unità d’Italia sotto il profilo della cucina del Bel Paese. Una celebrazione che non deve essere ritenuta superflua e fine a se stessa, ma essenziale, in quanto occasione di un necessario approfondimento identitario del nostro essere italiani e Accademici. Una prospettiva che è confortata, nel momento nel quale sto scrivendo questo editoriale, dalla lettura degli elaborati che stanno affluendo dai Centri Studi territoriali e che formeranno i capitoli del libro accademico del centocinquantenario. Materiali di alto livello culturale e che riguardano in buona parte gli aspetti più tradizionali delle nostre cucine regionali, come si sono evolute nel corso degli ultimi centocinquanta anni e come hanno subito, ma soprattutto contribuito, a un processo di unificazione che non ha diminuito, anzi ha esaltato le differenze soprattutto interpretative. Un cibo o un piatto, portato fuori dalla sua regione d’origine, è stato infatti reinterpretato in quella d’arrivo, contribuendo a una serie quasi infinita di reciproci arricchimenti.
Quando l’Emilia Romagna, patria della pasta fresca all’uovo, ha ricevuto la pasta secca di semola, ha avuto la possibilità di reinterpretarla secondo il suo gusto e le sue passate esperienze cucinarie, e così è avvenuto per ogni altro cibo che nell’Italia unita ha trovato fertile terreno di diffusione.
Sulla stessa linea, nel 2011 avremo anche diversi convegni regionali e nazionali che approfondiranno la cucina e la gastronomia del Bel Paese, senza dimenticare quale punto d’alto riferimento sarà la pubblicazione dedicata ai menu del Quirinale, dove i quattro re e gli undici presidenti, con i loro diversi stili, sono anche un aspetto di un’Italia che cambia e che si rende sempre più autonoma, e al riguardo basta pensare al passaggio dalla lingua e dallo stile francese a quelli italiani degli inizi del XX secolo.
Essere Accademia celebrando i 150 anni dell’Unità d’Italia si concreta come cultura, come autocoscienza e modo di fare significante e non solo come fatto o fenomeno autoreferenziale, in una società che muta e che ci pone nuove sfide, e oggi soprattutto quella della comunicazione. Come ebbi a dire in un passato editoriale, la carta stampata non scomparirà, ma non bisogna perdere le occasioni offerte dalle nuove tecnologie informatiche.
La nostra Guida dei ristoranti era stampata e distribuita in circa diecimila copie e conosciuta quasi esclusivamente dai nostri Accademici, soffrendo anche di un aggiornamento annuale. Da quando è stata messa in rete su iPhone, e viene costantemente aggiornata, in pochi mesi è stata acquisita da trentamila utenti: dando per scontato (e non credo sia vero) che tutti gli ottomila e cinquecento Accademici abbiano un iPhone, più di ventimila italiani e stranieri, che sul loro iPhone hanno l’icona della nostra Accademia, sanno che esiste un’Accademia Italiana della Cucina e ne utilizzano il lavoro, con un successo, anche d’immagine, che nessuna altra guida ha. E il numero di chi accede va continuamente crescendo. Non bisogna inoltre dimenticare che il nuovo sito informatico dell’Accademia sta avendo una grande affermazione e in pochi mesi i contatti si sono decuplicati, con un incremento che non cessa.
In una situazione economica generale non entusiasmante e nella quale la nostra Accademia vede scomparire i contributi ministeriali e ridursi quelli del “cinque per mille”, assieme al forte aumento delle tariffe postali, con la collaborazione di tutti bisogna reagire e saper cogliere la sfida della comunicazione elettronica, utilizzando i nuovi sistemi informativi non solo per abbattere i costi, ma soprattutto per ampliare la nostra presenza culturale in Italia e all’estero. E anche questo è un nuovo modo di essere presenti in un’Italia unita dall’informatica e che si apre al futuro.
Soltanto guardando indietro si possono riconoscere le radici del proprio presente e quindi progettare e costruire un futuro. Su questa linea cogliere l’occasione degli anniversari diviene importante, anche nella prospettiva secondo la quale ogni generazione deve ricostruire la propria storia, quale elemento di un’ineliminabile ed essenziale identità. Mai come oggi, in un periodo d’intensa se non selvaggia mondializzazione, abbiamo necessità di realizzare una nostra storia identitaria e di cercarne le radici in occasione d’eventi quali sono gli anniversari.
Nell’anno che ora inizia celebreremo la ricorrenza dei centocinquanta anni dell’Unità d’Italia sotto il profilo della cucina del Bel Paese. Una celebrazione che non deve essere ritenuta superflua e fine a se stessa, ma essenziale, in quanto occasione di un necessario approfondimento identitario del nostro essere italiani e Accademici. Una prospettiva che è confortata, nel momento nel quale sto scrivendo questo editoriale, dalla lettura degli elaborati che stanno affluendo dai Centri Studi territoriali e che formeranno i capitoli del libro accademico del centocinquantenario. Materiali di alto livello culturale e che riguardano in buona parte gli aspetti più tradizionali delle nostre cucine regionali, come si sono evolute nel corso degli ultimi centocinquanta anni e come hanno subito, ma soprattutto contribuito, a un processo di unificazione che non ha diminuito, anzi ha esaltato le differenze soprattutto interpretative. Un cibo o un piatto, portato fuori dalla sua regione d’origine, è stato infatti reinterpretato in quella d’arrivo, contribuendo a una serie quasi infinita di reciproci arricchimenti.
Quando l’Emilia Romagna, patria della pasta fresca all’uovo, ha ricevuto la pasta secca di semola, ha avuto la possibilità di reinterpretarla secondo il suo gusto e le sue passate esperienze cucinarie, e così è avvenuto per ogni altro cibo che nell’Italia unita ha trovato fertile terreno di diffusione.
Sulla stessa linea, nel 2011 avremo anche diversi convegni regionali e nazionali che approfondiranno la cucina e la gastronomia del Bel Paese, senza dimenticare quale punto d’alto riferimento sarà la pubblicazione dedicata ai menu del Quirinale, dove i quattro re e gli undici presidenti, con i loro diversi stili, sono anche un aspetto di un’Italia che cambia e che si rende sempre più autonoma, e al riguardo basta pensare al passaggio dalla lingua e dallo stile francese a quelli italiani degli inizi del XX secolo.
Essere Accademia celebrando i 150 anni dell’Unità d’Italia si concreta come cultura, come autocoscienza e modo di fare significante e non solo come fatto o fenomeno autoreferenziale, in una società che muta e che ci pone nuove sfide, e oggi soprattutto quella della comunicazione. Come ebbi a dire in un passato editoriale, la carta stampata non scomparirà, ma non bisogna perdere le occasioni offerte dalle nuove tecnologie informatiche.
La nostra Guida dei ristoranti era stampata e distribuita in circa diecimila copie e conosciuta quasi esclusivamente dai nostri Accademici, soffrendo anche di un aggiornamento annuale. Da quando è stata messa in rete su iPhone, e viene costantemente aggiornata, in pochi mesi è stata acquisita da trentamila utenti: dando per scontato (e non credo sia vero) che tutti gli ottomila e cinquecento Accademici abbiano un iPhone, più di ventimila italiani e stranieri, che sul loro iPhone hanno l’icona della nostra Accademia, sanno che esiste un’Accademia Italiana della Cucina e ne utilizzano il lavoro, con un successo, anche d’immagine, che nessuna altra guida ha. E il numero di chi accede va continuamente crescendo. Non bisogna inoltre dimenticare che il nuovo sito informatico dell’Accademia sta avendo una grande affermazione e in pochi mesi i contatti si sono decuplicati, con un incremento che non cessa.
In una situazione economica generale non entusiasmante e nella quale la nostra Accademia vede scomparire i contributi ministeriali e ridursi quelli del “cinque per mille”, assieme al forte aumento delle tariffe postali, con la collaborazione di tutti bisogna reagire e saper cogliere la sfida della comunicazione elettronica, utilizzando i nuovi sistemi informativi non solo per abbattere i costi, ma soprattutto per ampliare la nostra presenza culturale in Italia e all’estero. E anche questo è un nuovo modo di essere presenti in un’Italia unita dall’informatica e che si apre al futuro.
Giovanni Ballarini (Presidente dell'Accademia Italiana della Cucina - Istituto Culturale della Repubblica Italiana)
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