Quindici milioni di remate per affrontare da solo l’Oceano Pacifico su una barca lunga sette metri. Un’impresa memorabile, lunga 294 giorni e 18mila chilometri, da cui trarre dritte, strategie e insegnamenti per manager e dipendenti. L’economia al tempo della crisi è anche questa: convocare in azienda chi è abituato a sopravvivere in un mare in tempesta, per capire come rimanere a galla e tentare di non affondare. Alex Bellini, nato in Valtellina 32 anni fa, ha la testardaggine tipica del montanaro e l’occhio sveglio di chi sa dove vuole arrivare. Ed esperienza da vendere. Ha così trasformato il suo sudato curriculum composto da una ultramaratona nel Sahara marocchino, da ben 1400 chilometri a piedi dell’Alaska trainando una slitta, e dall’attraversamento a remi in solitaria sia dell’Atlantico che del Pacifico, in un corso full immersion per piccoli e grandi imprenditori. “Ognuno ha il proprio oceano da superare quotidianamente – spiega Bellini – e oggi il vero avventuriero è chi deve gestire un’azienda o essere a capo di persone: servono coraggio, strategie e abilità nuove . Il mare è una metafora perfetta del mercato, e anche se io non sono un imprenditore, cerco di portare nell’organizzazione del lavoro un approccio diverso, che se adottato può indurre importanti cambiamenti e salti di qualità”. Di aula in aula con le sue teorie in questi mesi Bellini ha motivato gli sportellisti di “Poste Italiane”, ha spiegato come rimettere in moto le energie ai giovani di Confindustria e ha lavorato con i responsabili dell’area vendita e dei reparti di produzione di importanti marchi. Il prossimo appuntamento è con i piccoli e medi imprenditori della provincia di Viterbo, dove affronterà i temi della progettazione e della gestione della crisi. “Quello che mi sorprende quando mi confronto con i top manager è che sanno benissimo quello che non vogliono, ma spesso faticano a capire quello che vogliono: non hanno l'ago della bussola settato sul punto d’arrivo”, commenta Bellini. “Nelle mie imprese la progettazione è tutto: bisogna fissare un obiettivo per sapere verso dove andare, e costruire tutte le condizioni affinché quel obiettivo sia raggiungibile”. E in aula lo ascoltano prendendo appunti mentre racconta che per 6 mesi ha remato su un vogatore sistemato davanti ad un muro di cemento per misurare la propria resistenza alla noia, o mentre ricorda le notti passate a dormire dentro una cella frigorifero per abituarsi al freddo e testare i materiali. Esempi che danno un senso al suo concetto di progettazione, e lo aiutano a tratteggiare alcune delle caratteristiche che un obiettivo dovrebbe sempre avere: essere sotto controllo, essere motivante, essere ecologico ed essere multisensoriale. “Sono aspetti imprescindibili di qualsiasi target che voglia essere raggiunto”, puntualizza Bellini. “Il mio risultato deve dipendere prima di tutto da me stesso, e la leva della motivazione è fondamentale. Ma ci deve essere anche una connessione continua tra corpo e mente, tra ciò che penso e ciò che faccio. E tutto questo deve essere compatibile con i miei valori e le mie credenze. Se viene a mancare qualcosa di tutto questo l’obiettivo diventa vulnerabile, ostico e difficilmente perseguibile”. Quello che però le aziende cercano è un aiuto concreto a trovare soluzioni nelle situazioni di crisi, e qui Bellini va a rispolverare nel proprio vissuto le tante volte in cui si è trovato davanti ad una scelta improvvisa, da prendere in fretta e in autonomia, e che poteva significare vita o morte. Ecco allora tornare la metafora del naufrago con le sue quattro ancore di salvataggio: saper mantenere il controllo, non cadere in depressione ma tollerare anche i momenti peggiori, avere un’attitudine all’ottimismo e alla speranza, e allenare la capacità di ristrutturazione cognitiva, ovvero essere elastici. “E’ un passaggio fondamentale per trasformare i momenti di crisi in opportunità”, spiega Bellini. “Se lo scenario cambia essere cocciuti non serve a nulla: la testardaggine è un carattere essenziale, ma c’è una linea di demarcazione tra ciò che è ragionevole e ciò che non lo è. Se l’obiettivo non è più raggiungibile bisogna riprogrammarsi, per trovare nuovi traguardi e nuovi stimoli. Non bisogna mai chiedersi se si ha fallito: bisogna chiedersi se si è dato il massimo”. E la parola fallimento riporta subito alla storia di Alex Bellini, e a quello che ha provato quando dopo aver attraversato l’intero Pacifico a remi, a sole 60 miglia dalla costa si è dovuto arrendere ed ha rinunciato al toccare terra, per via delle condizioni meteorologiche avverse che avrebbero messo seriamente a repentaglio la sua sopravvivenza. “Sono state le 60 miglia più importanti della mia vita, e lo ripeto sempre anche agli imprenditori. Ho capito il valore della rinuncia e della ripartenza, e la serenità di una scelta fatta con la propria testa e non per compiacere ad altri. Quello che per qualcuno era insuccesso per me rappresentava solo uno straordinario successo: ero felice, perché avevo dato tutto quello che avevo da dare alla mia impresa”
da "La Stampa" di sabato 27 novembre 2010 - di Federico taddia
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