... Il talento di cui parliamo non è solo quello dei "picchi di eccellenza". È soprattutto il "talento diffuso", quello di chi, a qualunque livello, in qualunque collocazione professionale o sociale si ritrovi a essere, cerca di dare sempre il massimo, di fare il meglio che può in ogni situazione. È quello che fa sì che le persone facciano il proprio dovere con coscienza e scrupolo nella convinzione che è giusto farlo, senza che nessuno li costringa, glielo spieghi o le illuda.Non è un disegno tecnocratico, snobistico o elitario. Semmai è un disegno democratico. Una società rispettosa del talento è una società democratica, perché alleggerisce il peso delle diseguaglianze sociali a favore del merito e della competizione basata sul merito, e fa del merito il principale fattore di mobilità sociale. E' democratica perché competere, in un Paese da sempre bloccato dalle mille corporazioni e reti di clientele e di amicizia, significa allargare la base per la selezione delle classi dirigenti, e non ridurla, significa dare più chances a più persone, e non il contrario, perché "nello zaino di ogni granatiere è nascosto il bastone da Maresciallo".Se chiunque può competere, tutti vinciamo: è il Paese che vince. E una competizione vera, leale, aperta a tutti e basata sul merito, consente che aiuto e sostegno possano concentrarsi verso quelli che da soli non ce la fanno, prendendosene cura e cercando di rimetterli in gioco nuovamente. Perché una società rispettosa del talento è una società solidale verso gli ultimi e verso tutti quelli che cadono, ma che chiede a ognuno di dare il massimo, e premia tutti quelli che, a qualunque livello, danno il loro massimo. da Italiafutura
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