La crisi mondiale che ci ha colpito qualche beneficio l’ha prodotto anche nel settore enogastronomico. La ristorazione ha subito anch’essa un contraccolpo e ha costretto, come in altri settori, a correre ai ripari e “aguzzare l’ingegno”. Prova ne sono sia i menù proposti a “KM 0” (con prodotti del territorio), ma anche i grandi chef hanno cercato di affrontare questi difficili momenti, modificando la loro proposta oppure aprendo locali per una cucina di qualità, ma a prezzi “slow”. Sinceramente era ora. Come sta succedendo nell’abbigliamento, ci si è reso conto che si era “un po’ esagerato” sui ricarichi nonostante i costi – che ben conosco – necessari per fare della grande cucina. Mi considero un discreto buongustaio, ho visitato negli anni diversi “luoghi sacri”: Il Pescatore, La Pergola, L’Ambasciata, Le Calandre, La Francescana e tanti altri anche all’estero, ma ho sempre giudicato complessivamente – cucina, arte del piatto, servizio, location, ecc. - esagerati nei prezzi proposti. La crisi – colpendo anche i ceti più abbienti - ha messo a nudo questa situazione. Molti grandi maestri di cucina sono corsi ai ripari e il fenomeno non è solo italiano, pure i “guru” oggi più acclamati, dallo spagnolo Adrià al francese Bocuse hanno aperto - ad esempio - ristoranti dove propongono menù a prezzi che variano tra i 20 e i 30 euro. Del pari nel nostro paese è possibile oggi trovare con gli stessi prezzi menù interessanti, senza alcun compromesso sulle materie prime. Su cosa si risparmia ? Normalmente si semplifica il servizio che diventa più informale, non si accettano le carte di credito, si riduce il numero di tavoli, si è più rigidi sulle prenotazioni, si utilizzano cucine più piccole effettuando una rotazione dei cuochi della brigata provenienti dal ristorante “maggiore” e si preparano piatti che possano essere “trasversali”, cioè che soddisfino tutte le età, senza rinunciare a qualche piatto che identifichi lo chef di nome. Cito - a titolo di esempio - alcuni grandi cuochi che hanno fatto questa scelta, vicino a noi: Il Calandrino a Rubano (Pd), La Franceschetta (Mo), Anikò a Senigallia (An) e il Du de Cope a Verona. Era tempo che il “prét-à-porter” di qualità arrivasse.
Pubblicato sul Sabato Sera del 7 maggio 2009
Pubblicato sul Sabato Sera del 7 maggio 2009
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