Come raccontato nell’articolo precedente il regime fascista focalizzò subito l’attenzione delle "donne e madri esemplari" anche sul cibo e il nutrimento, consigliando come utilizzare i prodotti per una cucina risparmiosa e attenta sostituendo gli alimenti che scarseggiavano sempre o erano ai più impossibili dal comprarsi. Nel periodo bellico la situazione si aggravò ulteriormente e il regime si adoperò per diffondere il più possibile i dettami autarchici "alle donne fasciste, maestre nell’economia domestica, sagge e previdenti tutrici della casa e della mensa" come recitava un opuscolo dell’epoca. C'erano le tessere annonarie e non tutti ne avevano diritto, il che equivaleva a dover elemosinare o barattare lavoro per cibo. Si intimava attenzione agli sprechi e si suggeriva di evitare il cibo monotono "che viene a noia" -cito sempre l’opuscolo- operandosi perché, nonostante le ristrettezze, le vivande fossero variate. In un altro opuscolo destinato alle massaie si può leggere "Come si assimila meglio il cibo? Quando è gustoso, ben cotto e ha un aspetto invitante... abituati a consumare più del necessario oggi che le esigenze di guerra impongono un razionamento, troppe donne si trovano smarrite e incapaci, specie nei riguardi della preparazione della mensa...". Venivano quindi proposte delle liste di pasti per le famiglie tenendo scrupolosamente calcolo del razionamento e cercando di mantenere al minimo la spesa, variando i pasti e garantendo un’equa quantità di calorie giornaliere. Alcuni cibi suggeriti in tempo di guerra erano rappresentati da zuppe di cipolla, pasta in brodo, minestra di riso, verzate, frittate, finocchi gratinati, castagne lesse o polenta con fagioli, per citarne alcuni. Con il peggiorare del conflitto e gli avvenimenti successivi all’8 settembre l’approvvigionamento di generi alimentari divenne sempre più problematico e dilagò il triste fenomeno della "borsa nera". Tutto divenne "surrogato", dal caffè al pane - sempre più impastato con farina ottenuta non dal grano - a tante altre vivande. I pasti degli italiani divennero sempre più minimali e problematici. Dovranno passare alcuni anni dopo il 25 aprile 1945 perché oltre alla pace ritornasse la prosperità anche in tavola. Pubblicato su L'informazione-Il Domani di domenica 26 aprile 2009
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