martedì 21 aprile 2009

Io TIFOSO Interista contro la stupidità di un certo tifo


È il nuovo «bad boy» cattivo solo in campo
Insultato, criticato, la società lo sta aiutando a limitarsi un po’ nelle sue reazioni

MILANO —Il nuovo bad boy del pallone, che raccoglie un’incredibile unanimità di critiche presso avversari, tifosi e moralisti sempre in servizio, non è un santo (è troppo giovane e co­munque noi non ne conosciamo nean­che di anziani) ma sa essere diverso da come lo vediamo in campo. Fuori infat­ti Mario Balotelli è talmente cattivo che a Natale ha passato le vacanze in una favela di Salvador de Bahia; che l’estate scorsa è stato in un campo ecologico del Wwf in Sicilia; che un gior­no è passato dal canile, ha visto Lucky, una cagnetta abbandonata, e se l’è por­tata a casa; che la sera spesso va a trovare i vec­chi compagni della Pri­mavera al Centro sporti­vo dei giovani interisti, zona Affori, a pochi passi da casa sua, dove vive da solo da un anno e mezzo; che in spoglia­toio, fra una cazziata di Materazzi, uno sfottò di Chivu e un grugnito di Ibrahimovic (che a volte lo in­seguirebbe a calci), viene ancora trattato più come una mascotte che co­me l’apprendista fuoriclasse quale è.
Questo ovviamente non giustifica ciò che di negativo combina allo stadio (gestacci agli arbitri, insofferenze ver­so gli avversari ai quali dedica irrisioni ricavando falli e giudizi feroci, ultimo quello del solitamente pio Legrotta­glie), ma può aiutare a capire perché lo faccia. Mario, di base, è uno che pensa agli affari suoi, è sicuro di sé e dei pro­pri mezzi e non perde occasione per di­mostrarlo al mondo e poi riderne con gli amici al bar. Avendo 18 anni, lo fa come si fa all’oratorio, senza contener­si, non essendo la sottrazione un’opera­zione facile in gioventù. A ben vedere, nel calcio nulla è grave come sembra, neanche un neoricco giocatore diciot­tenne che esce dalla Pinetina in cabrio scoperta un giorno di pieno gennaio. Ma la cosiddetta «amplificazione me­diatica » appunto amplifica, preferisce parlare di linguacce anziché di rovescia­te, di simpatia/antipatia anziché di ca­pacità. Mario ci mette del suo, con la cabrio ma soprattutto con un carattere che lui stesso ha definito «stupido», e il gioco è fatto: «Passo per spaccone so­lo perché sono un istintivo».

Sono scenari da nuovo Materazzi. In­sultato a prescindere, toccato nei punti dolenti personali (la mamma scompar­sa per Marco, la pelle nera per Mario), adorato dai propri tifosi e odiato da tut­ti gli altri, anche Balotelli è vittima di una strana inversione dell’etica calcisti­ca. Colpevole non è Zidane che, per rea­zione, cerca l’autopsia di Materazzi da vivo con una testata nello sterno, ma Materazzi che dice qualcosa sulla sorel­la di Zidane. E colpevole non è Tiago che per reazione attenta la caviglia di Balotelli, ma Balotelli che ha ecceduto in dribbling e tunnel, peraltro non vie­tati dai regolamenti. Di solito insegna­no che nello sport la provocazione può far parte del gioco, la reazione violenta no. Con questi due signori, però, le re­gole cambiano, il mondo si capo­volge e la faccia da schiaffi finisce per pesare più della verità. Mate­razzi, dopo molti Tir presi sul naso, con la maturità ha imparato ad abbozzare. Sulla capacità di fare altrettanto si gio­cherà molto del futuro di Balotelli.
Mario, certo, ha un approccio libero alla vita che lo potrà aiutare. Però il ner­vo scoperto che trasforma la sua diver­tita partita in una battaglia contro il mondo è duro da curare. Gli ululati, il «negro di merda», il «mangia le bana­ne », inaccettabili per chiunque, con lui diventano benzina su un fuoco già fin troppo acceso. Forse non serve nean­che tirare in ballo l’abbandono subìto a 2 anni dalla famiglia originaria ghane­se, i Barwuah, la malattia, la salvezza at­traverso la nuova famiglia bresciana, i Balotelli, la difficile integrazione, in­somma la sofferenza. Il punto, mol­to più semplice, è che il razzismo fa giustamente incazzare chi lo subi­sce, senza bisogno di psicanalisi o sociologie. E fa infuriare ancora di più uno come Mario che ha scelto la cittadinanza italiana, che si sen­te italiano e che per l’Italia, in naziona­le Under 21, gioca e segna pure per chi lo tratta come un animale.
Negro. È cominciata quando stava in C con il Lumezzane, a 15 anni, prose­gue ora in serie A. Se l’Italia è fatta così, perché dovrebbe migliorare salendo di categoria? Casomai è il contrario, e le poche centinaia di ultrà del passato di­ventano i 20 mila juventini di domeni­ca a Torino o la curva romanista a San Siro a marzo. Con, anche qui, l’applica­zione del teorema Materazzi: colpevoli non sono stati considerati quelli che fa­cevano «buuh» a Balotelli, ma Balotelli che ha fatto segno loro di stare zitti. «Non è tutta colpa mia, io reagisco alle provocazioni», dice lui. I tifosi lo sanno e ci danno dentro. Mario si innervosi­sce e estrae il peggio da sé e dagli altri, a volte giocandoci pure compiaciuto, come quando domenica dopo l’inter­vallo è rientrato in campo per ultimo in clamoroso ritardo, scatenando l’ira dello stadio bianconero.
Siccome qualcuno dovrà pur ferma­re il circolo perverso, ed è assai difficile che possa farlo il popolo tifoso, all’In­ter stanno aiutando Mario a compiere la prima mossa, insegnandogli a limi­tarsi come può. «Non mi piace come si comporta con gli arbitri, anche se pos­so capire cosa prova», ha detto José Mourinho. Benché abbia spesso chia­mato personalità quello che gli altri de­finiscono arroganza, Mou non lo ho mai difeso a priori e lo ha saputo anche trattare duramente, escludendolo di squadra quando faceva l’anarchico e il presuntuoso senza testa e restituendo­gli il posto che merita quando il ragaz­zo ha capito i propri errori. Così si è tut­ti uguali come sogna Mario, con gli stessi diritti e doveri. A 18 anni, la sua partita per ottenere i primi e capire i se­condi è appena cominciata.
Alessandro Pasini 20 aprile 2009 - Corriere della Sera

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