Il male dell'Italia di questi ultimi anni, l'ostruzionismo a qualsiasi innovazione, a qualsiasi costo, pura demagogia che ci costa in sviluppo, posti di lavoro e modernità. Purtroppo. Quello descritto da Statera è solo un esempio, ma ce ne sono molti altri.
Non c'è crisi economica, cassa integrazione e disoccupazione che tengano. Nonostante la necessità di creare nuovi posti di lavoro e innovazione tecnologica per rilanciare le imprese, la sindrome Nimby, «Not in my back yard», non nel mio cortile, tende a dilagare. Anzi sempre più spesso diventa sindrome Banana, Build absolutely nothing anywhere near anything, cioè costruire assolutamente niente in alcun luogo vicino a niente. Ne ha appena fatto le spese Francesco Merloni con un gruppo di suoi colleghi imprenditori marchigiani i quali, con la startup Ned Silicon, hanno avviato un progetto per sviluppare un nuovo metodo industriale per produrre silicio di grado solare ad uso fotovoltaico, sulla base degli studi del professor Sergio Pizzini, titolare della cattedra di Scienze dei materiali all'Università Bicocca di Milano. Con il silicio fotovoltaico, che si ricava da minerali di quarzo e deve essere purissimo, si fanno i pannelli per produrre energia elettrica dal sole. Il progetto marchigiano punta a ridurre della metà il costo del silicio, che incide tra il 30 e il 50% su quello dei pannelli, il che consentirebbe di produrre energia solare a costi competitivi. Se questo avvenisse, nel momento in cui tutti nel mondo lavorano allo sviluppo delle fonti alternative di energia e in Italia si torna ai progetti per nuove centrali nucleari, sarebbe una rivoluzione non da poco.Per la nuova iniziativa è stata identificata una location nelle Marche, a Fermo, dove ha chiuso lo zuccherificio dell'Eridania, con la quale è stato siglato un accordo che prevede il riassorbimento del personale tecnico oggi in mobilità, con la prospettiva della creazione di 400 nuovi posti di lavoro, di cui buona parte per laureati e diplomati in materie tecnico scientifiche. In più, è previsto l'uso dei capannoni riadattati e la produzione di energia elettrica con la costruzione di una nuova centrale ad olio vegetale. Nulla di inquinante, se è vero, come sostengono i tecnici, che le emissioni dell'impianto equivalgono a poco più di quelle di una Vokswagen Golf.Ma quando tutto sembrava pronto per partire, si sono scatenati i veti incrociati di comitati locali di protesta, che hanno subito trovato la sponda della politica. Il sindaco di Fermo Saturnino Di Ruscio, eletto in una lista indipendente collegata a Forza Italia, che inizialmente si era dichiarato molto soddisfatto dell'iniziativa che avrebbe ridotto la disoccupazione, ha fatto un'improvvisa marcia indietro. Nel prossimo giugno sarà candidato alla presidenza della neocostituita provincia (tutti dicono che le province andrebbero abolite, ma continuano a nascerne) e non vuole rischiare gli attacchi dei professionisti della protesta ambientale. E forse di qualche altro interesse, visto che molti terreni intorno ai capannoni Eridania sono recentemente passati di mano in vista di progetti per investimenti edilizi.Il caso di Fermo è significativo non solo perché il progetto industriale è un possibile paracadute sociale in una fase in cui la cassa integrazione ha tassi d'incremento del 500%, ma anche perché è una sfida innovativa, quando tutti sostengono che il rilancio dell'industria italiana passa attraverso la ricerca e l'innovazione. Ma non è certo l'unico. Il Nimby Forum, che cura un osservatorio e il 12 marzo terrà un convegno a Milano sul tema, ha censito 171 progetti industriali o di opere pubbliche contestati certamente alcuni con buone ragioni in tutta Italia, di cui la maggior parte in Lombardia, Veneto e Toscana. Di questi, dopo le contestazioni, 89 si sono fermati o sono stati cancellati.Soltanto 22 sono andati in porto.Stando ai numeri, è forse arrivato il momento di costituire un Banana Forum.
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