Mai come durante le feste, in un momento difficile come questo per tante famiglie, la questione dei prezzi al ristorante torna all’ordine del giorno. Facendo parte dell’Accademia Italiana della Cucina, un Istituto Culturale che ha rapporti con ben quattro Ministeri – Politiche Agricole, Esteri, Attività Produttive e Cultura - abbiamo tra i nostri compiti anche quello di valutare l’aspetto «prezzi» da un punto d’osservazione altamente privilegiato. Infatti il continuo, attento e del tutto indipendente monitoraggio della tavola pubblica ci consente di avere in ogni momento il polso della situazione fino al singolo territorio. L’Accademia, e personalmente condivido pienamente, è preoccupata perché i prezzi in ascesa dei ristoranti, oltre che di una naturale rarefazione della clientela, sono la causa prima della disaffezione dei giovani, attratti sempre più da quelle forme alternative e surrettizie di ristorazione pubblica: offerte senza dubbio più economiche, ma spesso di scarsa qualità. Con un grave pregiudizio in aggiunta: non permettono ai giovani di affinare il loro senso del gusto, di apprezzare i sapori tradizionali, di godere di una tranquilla convivialità. Anche in questo modo si disgrega quel senso di buona cucina familiare legata alla tradizione che è alla base del gusto e del piacere della convivialità, demitizzando la cucina come atto d’amore. Certamente anche la ristorazione locale si trova a dover far fronte al momento di crisi – alcune mie fonti segnalano qualche difficoltà perfino per alcune pizzerie – aggravati da un aumento dei costi delle materie prime, da una più accentuata fiscalizzazione e da maggiori oneri sociali. Tutto questo non è comunque sufficiente a giustificare l’ascesa continua dei prezzi. Invito a riflettere su tre evidenti aspetti. Il primo sta nell’errore compiuto dai ristoratori nel cercare di compensare il calo delle presenze aumentando i prezzi, così il rapporto qualità-prezzo, che già in molti casi non era ottimo, è peggiorato. Il risultato evidente è che gli operatori hanno semplicemente “sostituito” i prezzi in lire con quelli in euro. Il secondo punto è questo: in un ristorante è soprattutto il costo del servizio – leggi soprattutto personale - che incide, non tanto la materia prima anche se è aumentata. Frequentando moltissimi ristoranti purtroppo non riscontro sempre tutta questa eccellenza nel servizio, nella cura dell’ambiente e della tavola, nello stile e nell’empatia dei camerieri. Naturalmente non intendo generalizzare, ma la tendenza è questa e trovo ancora più grave che la maggior parte dei clienti ormai non ci faccia più caso e accetti questo stato delle cose. Bisognerebbe invece diventare più attenti, esigere ciò che è corretto per certe cifre che si pagano (oltre alla qualità del cibo proposto, ovviamente). Paradossalmente oggi si è ridotta molto la forbice tra i ristoranti di alto livello - che non possono aumentare i prezzi più di tanto per non rischiare di avere il locale vuoto - e che offrono qualità sia nei prodotti sia nel servizio e quelli di livello inferiore che non sono paragonabili ai primi. Così come se confrontiamo esercizi di ristorazione di medio livello, è evidente in molti casi come passi pochissima differenza - nel conto - tra un ristorante e una pizzeria/ristorante (pongo l’accento ancora la diversità di servizio). Il terzo e ultimo punto, volendo essere sintetici, è il “ricarico” sui vini che sta raggiungendo spesso vette incredibili anche per etichette modeste. Questa politica sta portando a un calo dei consumi di vino nei ristoranti - mentre sta aumentando la vendita nei supermercati - e oggi molti esercizi stanno correndo ai ripari proponendo anche il singolo calice. Tornando all’attuale periodo di feste e volendo dare qualche indicazione generica sul come scegliere una proposta di menù per un pranzo - o una cena – completa, suggerirei di valutare innanzi tutto i piatti proposti - concentratevi sulla qualità non sul numero, oggi non si mangia più per necessità - se vi sono proposti piatti della tradizione, magari un po’ innovati, controllate se i prezzi comprendono le bevande (diversamente possono esserci sorprese sul conto), infine giudicate il locale e l’ambiente. Se non parliamo di ristoranti con stelle o con voti di massima eccellenza secondo le varie guide, ritengo che un prezzo onesto dovrebbe variare dai 30 ai 40/45 euro (bevande incluse naturalmente). Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Il Domani di domenica 28 dicembre 2008
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