Penso che a Natale il più grande regalo che possiamo farci o fare alla nostra famiglia è il “rispetto della tradizione”. Che sia a casa – preferibile - o al ristorante, il pranzo di Natale è la massima espressione di questa tradizione, il momento culminante, per festeggiare la continuità dei legami familiari. Ciascuno di noi ha alle spalle una storia di tradizioni che sono proprie della famiglia, dei nonni, dei genitori e il desiderio e la ricerca nel riscoprirle devono partire dalla riproposizione di un insieme di dettagli che servono a ricreare l’ambiente di un tempo. Ad esempio il Natale risveglia in me ricordi e profumi di quando ero bambino: l’aroma delle arance, l’odore del brodo e delle spezie, delle carni arrosto – coniglio, pollo o vitello - con le patate, il profumo della pasta fresca e del ripieno mentre “aiutavo” mia nonna nella preparazione dei cappelletti, del caramello nello stampo di metallo. Veri elementi fondamentali per trasmettere e comunicare emozioni, creare atmosfera al fine di condividere con le altre persone il momento del convivio sono: la tavola, la cucina e il cibo. Importante diventa quindi una tavola curata dove il colore fondamentale sia il bianco rappresentato da una candida tovaglia – preferibilmente di lino o di cotone importante – ricamata magari di rosso e verde che, nell’immaginario collettivo, rappresentano i due colori simbolo del Natale affiancati proprio al niveo colore della neve. Su questa tavola non potrà mancare una bella composizione di fiori come centrotavola, le candele e dei sottopiatti importanti, come lo dovrebbero essere posate, piatti e bicchieri per completare il colpo d’occhio e trasmettere suggestione alla vista. Anche l’ambiente è importante, una sala dove ci sia anche il camino acceso e qualche addobbo indubbiamente “fa più Natale”. Grande rilevanza, nella ricerca della tradizione, anche nel menù che deve essere ben equilibrato e bilanciato, abbastanza ricco e importante per enfatizzare il momento solenne – ed una certa tradizione romagnola dell’abbondanza nelle feste comandate – evitando però che diventi eccessivamente pesante, anche nella digestione. Personalmente evito il pesce in quel giorno in quanto era tradizione in Romagna mangiarlo - naturalmente a casa dei “Signori” - solo “in vigilia”. Per darvi un’ispirazione sul menù, posso citarvi quanto descritto nel libro dei Conti Manzoni, su come era normalmente composto il pranzo di Natale: cappelletti in brodo, cotechino e zampone con passato di patate stemperate al burro e con lenticchie (che sono propiziatorie per il benessere economico) pure loro al burro, pollo e cappone arrosto contornati da patate fritte, formaggi di Roma, d’Olanda, di Francia, frutta di stagione, zuppa inglese con savoiardi inzuppati nel liquore dolce e ricoperti di crema e cioccolato, pan speziale e ciambella dorata. Sulla “leggerezza” di tale convivio lascio però a voi giudicare… Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Sabato Sera DUE il 12 dicembre 2008
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