Quando partecipo ad un evento dove è previsto un buffet, trovo sempre divertente osservare e riflettere sulla natura umana degli intervenuti e i loro comportamenti. Di fronte ai tavoli imbanditi, che dovrebbero rappresentare un momento di piacevole informalità e socialità, senza la “schiavitù” dell’etichetta, alcune persone si trasformano. Non è un fatto di censo, ho visto scene incredibili in ogni occasione, dall’inaugurazione del negozio alla presentazione della mostra, dalla cena in giardino al party per la presentazione del nuovo libro. A prescindere dagli invitati sono arrivato alla conclusione che l’istinto primordiale nei riguardi del cibo scateni la competizione.
Tralascio i “professionisti del buffet” – ad Imola ad esempio ho individuato un paio di famiglie – presenti a tutte le inaugurazioni e non so come facciano ad essere così informati, che si posizionano su un angolo del tavolo e divorano letteralmente una quantità di cibo incredibile, facendo “muro” e impedendo agli altri di arrivare al cibo, soprattutto se non è prevista la fila. A tutti però sarà capitato di vedere come alcune persone si avventino sul banchetto come se fossero giorni che non hanno mangiato. In un buffet in realtà è bello avere la libertà di poter assaggiare davvero un po’ di tutto e potersi relazionare con più persone. Trovo sgradevole vedere persone tornare dal tavolo delle vivande col piatto stracolmo, con portate che si stratificano in precario equilibrio col rischio di far cadere il cibo e sprecarlo inutilmente. Oggi in cui non mangiamo più per necessità – salvo i casi di indigenza sociale – ma per piacere o per il gusto di farlo, trovo spiacevoli questi atteggiamenti, aggravati dal fatto che spesso capita poi di vedere gli stessi piatti abbandonati con ancora abbondanza di cibo. La condotta da adottare invece dovrebbe essere lo stesso che usiamo al ristorante, ma in modalità di assaggio: un po’ di antipasto, un primo, un secondo, verdura, dolce o frutta. Il piatto andrebbe riempito per un 70% e contenere al massimo 3 o 4 cose. Nei buffet, il divertimento, sta anche nell’andare più volte al tavolo per “spizzicare” le cose in modo però sempre misurato. La regola sarebbe “mettere poco e andare spesso”, tra l’altro questo permette di muoversi appunto e aumentare la socialità conoscendo anche nuove persone, magari iniziando il discorso in modo semplice parlando proprio del cibo. Ricordare sempre che la tavola unisce enon divide.
Per concludere lancio un appello agli organizzatori dei buffet. La cosa più difficoltosa e antipatica, partecipando ad un rinfresco, è la gestione del proprio bicchiere. Nella mia lunga frequentazione solo due volte, a Milano, i simpatici organizzatori davano inserito nel piatto un utile supportino in plastica per inserire lo stelo del bicchiere. Così si hanno le mani libere e il bicchiere sotto controllo. Come direbbe Bisio in una sua pubblicità: geniale ! Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Sabato Sera DUE il 8 novembre 2008
Tralascio i “professionisti del buffet” – ad Imola ad esempio ho individuato un paio di famiglie – presenti a tutte le inaugurazioni e non so come facciano ad essere così informati, che si posizionano su un angolo del tavolo e divorano letteralmente una quantità di cibo incredibile, facendo “muro” e impedendo agli altri di arrivare al cibo, soprattutto se non è prevista la fila. A tutti però sarà capitato di vedere come alcune persone si avventino sul banchetto come se fossero giorni che non hanno mangiato. In un buffet in realtà è bello avere la libertà di poter assaggiare davvero un po’ di tutto e potersi relazionare con più persone. Trovo sgradevole vedere persone tornare dal tavolo delle vivande col piatto stracolmo, con portate che si stratificano in precario equilibrio col rischio di far cadere il cibo e sprecarlo inutilmente. Oggi in cui non mangiamo più per necessità – salvo i casi di indigenza sociale – ma per piacere o per il gusto di farlo, trovo spiacevoli questi atteggiamenti, aggravati dal fatto che spesso capita poi di vedere gli stessi piatti abbandonati con ancora abbondanza di cibo. La condotta da adottare invece dovrebbe essere lo stesso che usiamo al ristorante, ma in modalità di assaggio: un po’ di antipasto, un primo, un secondo, verdura, dolce o frutta. Il piatto andrebbe riempito per un 70% e contenere al massimo 3 o 4 cose. Nei buffet, il divertimento, sta anche nell’andare più volte al tavolo per “spizzicare” le cose in modo però sempre misurato. La regola sarebbe “mettere poco e andare spesso”, tra l’altro questo permette di muoversi appunto e aumentare la socialità conoscendo anche nuove persone, magari iniziando il discorso in modo semplice parlando proprio del cibo. Ricordare sempre che la tavola unisce enon divide.
Per concludere lancio un appello agli organizzatori dei buffet. La cosa più difficoltosa e antipatica, partecipando ad un rinfresco, è la gestione del proprio bicchiere. Nella mia lunga frequentazione solo due volte, a Milano, i simpatici organizzatori davano inserito nel piatto un utile supportino in plastica per inserire lo stelo del bicchiere. Così si hanno le mani libere e il bicchiere sotto controllo. Come direbbe Bisio in una sua pubblicità: geniale ! Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Sabato Sera DUE il 8 novembre 2008
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