Il rito della prima colazione al bar è ormai una “tradizione” anche se relativamente recente, fine degli anni ’60 più o meno, e venne immortalato in modo mirabile da Nanni Loi nella prima trasmissione italiana di “candid-camera” trasmessa sulla TV nazionale – in bianco e nero allora – dove in un bar appunto, inzuppava il suo cornetto nel cappuccino di un altro signore che lo osservava sbalordito.
A conferma del fenomeno evidenzio che ogni anno 22 milioni di persone - dato del 2006 – consumano la colazione al bar. Su questo totale il 16% che lo fa almeno una volta alla settimana, mentre il 3,4% tutti i giorni. Inoltre il 53% predilige il caffè e il 48% il cappuccino, l'82% ordina anche una brioche – di questi il 50% senza ripieno - e questo business genera un giro di affari di circa 2 miliardi di euro.
Si sono modificate le preferenze nel tempo e, anche se la formula vincente rimane sempre cappuccino o caffè e brioche, troviamo oggi nella maggioranza dei bar un’offerta molto ampia che spazia dalle bevande al caffè – mokino, con panna, marocchino, ecc. – alle spremute e succhi; dalle paste dolci molto diverse nella lavorazione e nel ripieno fino ad arrivare al “ritorno” del pane, burro e marmellata con filoncini freschi o fette tostate, a una scelta di non-dolce che varia dalla semplice brioche salata fino ai piccoli panini variamente farciti con mortadella, prosciutto, formaggi e verdure.
Il caffè e la colazione al bar sono un fenomeno talmente radicato in Italia, da suscitare la curiosità e l’interesse nel mondo tanto che – per citare il caso più famoso – “l’inventore” della catena americana degli Starbucks prese ispirazione, anche nella capillarità della presenza, da un viaggio nel nostro paese.
Se è vero che la colazione al bar è sempre più un rito per gli italiani, si tratta senza dubbio di un rito divenuto più costoso. Rispetto al 2007 – secondo l’Adoc - cappuccino e brioche costano fino al 14% in più e se la confrontiamo al 2001 siamo a un più 19,7% che, sulla base di 5 consumazioni settimanali, determinano per ogni cittadino un maggior esborso di 67,2 euro l’anno.
Evidenzio altresì il dato economico poiché noto che, nonostante aumentino i prezzi, la qualità dei prodotti offerti in molti esercizi, sta invece progressivamente degenerando. E la nostra città non fa eccezione. Escludendo alcuni bar e pasticcerie che producono o offrono prodotti freschi, materie di prima qualità, una lavorazione accurata e quindi una godibilità e digeribilità massima, nella maggioranza degli esercizi le brioche che addentiamo quotidianamente sono, come dire, di tutt´altra pasta: abbondantemente farcite di chimica (tra acceleratori di lievitazione, conservanti e aromi che imitano penosamente i profumi degli ingredienti d´antàn), precotte, surgelate, scaldate malamente nei fornetti.
Rifletteteci un attimo, passate in rassegna ai bar che vi capita di frequentare o poneteci attenzione le prossime volte. Questi prodotti ormai li mangiamo per abitudine, o per fame, col cappuccino d´ordinanza o il nostro primo – fuori di casa - caffè quotidiano. Quando vedo questo tipo di “briochesina” la mia mente corre immediatamente alla “mitica Luisona” descritta nel libro “Bar Sport” di Stefano Benni e ai suoi effetti. Ce la ritroviamo nello stomaco, come un bel mattoncino untuoso che il fegato non gradisce per nulla (nel libro la descrizione è più pittoresca). Eppure riescono a propinarcele e le mangiamo pure. Con il salato andiamo già meglio. Negli stessi esercizi di cui sopra troviamo sì brioche salate con o senza sesamo, con prosciutto o altro, sempre un po’ dozzinali e industriali, ma solitamente viene affiancata una piccola offerta di piccoli panini freschi di panetteria variamente farciti. Nulla a che vedere con certi bar dove, abbinato al pane un po’ ricercato, vengono proposte fette di profumatissima mortadella o San Daniele, che ti mettono veramente nell’imbarazzo della scelta fra dolce e salato. Negli ultimi anni sia le associazioni di categoria che i produttori di caffè più importanti propongono, esortano, offrono corsi agli esercenti dei bar per permettere loro di stare al passo con le nuove esigenze e preferenze dei consumatori. Cercano di trasmettere metodologie di preparazione e presentazione dei prodotti per aumentare il gradimento dei clienti e la frequentazione del locale. Nonostante questi sforzi, a parte la proposta di brioche e panini, rilevo che ancora oggi in certi bar perfino il caffè non è preparato con quella cura e attenzione che permettono, ad esempio, di avere una certa “crema” naturale nella tazzina che ti consentono di assaporare pienamente questa meravigliosa bevanda (segnalo che il bicchierino d’acqua proposto in accompagnamento al caffè andrebbe bevuto prima – non dopo – per pulirsi la bocca e gustarne appieno la qualità). Pure il cappuccino subisce lavorazioni approssimative e provo sempre tristezza quando mi viene spacciato per tale una bevanda che dovrebbe avere una schiuma di latte in grado di trattenere per alcuni secondi lo zucchero in superficie, invece “flia via come l’olio” nel fondo della tazza. A quel punto meglio chiedere un latte macchiato. Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Il Domani di domenica 26 ottobre 2008
A conferma del fenomeno evidenzio che ogni anno 22 milioni di persone - dato del 2006 – consumano la colazione al bar. Su questo totale il 16% che lo fa almeno una volta alla settimana, mentre il 3,4% tutti i giorni. Inoltre il 53% predilige il caffè e il 48% il cappuccino, l'82% ordina anche una brioche – di questi il 50% senza ripieno - e questo business genera un giro di affari di circa 2 miliardi di euro.
Si sono modificate le preferenze nel tempo e, anche se la formula vincente rimane sempre cappuccino o caffè e brioche, troviamo oggi nella maggioranza dei bar un’offerta molto ampia che spazia dalle bevande al caffè – mokino, con panna, marocchino, ecc. – alle spremute e succhi; dalle paste dolci molto diverse nella lavorazione e nel ripieno fino ad arrivare al “ritorno” del pane, burro e marmellata con filoncini freschi o fette tostate, a una scelta di non-dolce che varia dalla semplice brioche salata fino ai piccoli panini variamente farciti con mortadella, prosciutto, formaggi e verdure.
Il caffè e la colazione al bar sono un fenomeno talmente radicato in Italia, da suscitare la curiosità e l’interesse nel mondo tanto che – per citare il caso più famoso – “l’inventore” della catena americana degli Starbucks prese ispirazione, anche nella capillarità della presenza, da un viaggio nel nostro paese.
Se è vero che la colazione al bar è sempre più un rito per gli italiani, si tratta senza dubbio di un rito divenuto più costoso. Rispetto al 2007 – secondo l’Adoc - cappuccino e brioche costano fino al 14% in più e se la confrontiamo al 2001 siamo a un più 19,7% che, sulla base di 5 consumazioni settimanali, determinano per ogni cittadino un maggior esborso di 67,2 euro l’anno.
Evidenzio altresì il dato economico poiché noto che, nonostante aumentino i prezzi, la qualità dei prodotti offerti in molti esercizi, sta invece progressivamente degenerando. E la nostra città non fa eccezione. Escludendo alcuni bar e pasticcerie che producono o offrono prodotti freschi, materie di prima qualità, una lavorazione accurata e quindi una godibilità e digeribilità massima, nella maggioranza degli esercizi le brioche che addentiamo quotidianamente sono, come dire, di tutt´altra pasta: abbondantemente farcite di chimica (tra acceleratori di lievitazione, conservanti e aromi che imitano penosamente i profumi degli ingredienti d´antàn), precotte, surgelate, scaldate malamente nei fornetti.
Rifletteteci un attimo, passate in rassegna ai bar che vi capita di frequentare o poneteci attenzione le prossime volte. Questi prodotti ormai li mangiamo per abitudine, o per fame, col cappuccino d´ordinanza o il nostro primo – fuori di casa - caffè quotidiano. Quando vedo questo tipo di “briochesina” la mia mente corre immediatamente alla “mitica Luisona” descritta nel libro “Bar Sport” di Stefano Benni e ai suoi effetti. Ce la ritroviamo nello stomaco, come un bel mattoncino untuoso che il fegato non gradisce per nulla (nel libro la descrizione è più pittoresca). Eppure riescono a propinarcele e le mangiamo pure. Con il salato andiamo già meglio. Negli stessi esercizi di cui sopra troviamo sì brioche salate con o senza sesamo, con prosciutto o altro, sempre un po’ dozzinali e industriali, ma solitamente viene affiancata una piccola offerta di piccoli panini freschi di panetteria variamente farciti. Nulla a che vedere con certi bar dove, abbinato al pane un po’ ricercato, vengono proposte fette di profumatissima mortadella o San Daniele, che ti mettono veramente nell’imbarazzo della scelta fra dolce e salato. Negli ultimi anni sia le associazioni di categoria che i produttori di caffè più importanti propongono, esortano, offrono corsi agli esercenti dei bar per permettere loro di stare al passo con le nuove esigenze e preferenze dei consumatori. Cercano di trasmettere metodologie di preparazione e presentazione dei prodotti per aumentare il gradimento dei clienti e la frequentazione del locale. Nonostante questi sforzi, a parte la proposta di brioche e panini, rilevo che ancora oggi in certi bar perfino il caffè non è preparato con quella cura e attenzione che permettono, ad esempio, di avere una certa “crema” naturale nella tazzina che ti consentono di assaporare pienamente questa meravigliosa bevanda (segnalo che il bicchierino d’acqua proposto in accompagnamento al caffè andrebbe bevuto prima – non dopo – per pulirsi la bocca e gustarne appieno la qualità). Pure il cappuccino subisce lavorazioni approssimative e provo sempre tristezza quando mi viene spacciato per tale una bevanda che dovrebbe avere una schiuma di latte in grado di trattenere per alcuni secondi lo zucchero in superficie, invece “flia via come l’olio” nel fondo della tazza. A quel punto meglio chiedere un latte macchiato. Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Il Domani di domenica 26 ottobre 2008
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