Probabilmente l’occhio si è abituato e non notiamo più la frase nelle insegne dei ristoranti o nei menù, ma ormai la troviamo dappertutto: specialità pesce. Forse sarebbe meglio iniziare a sostituirla con “Non solo pesce”, visto che non è più un titolo distintivo, semmai è al contrario un appiattimento alla richiesta del mercato. Qualsiasi esercizio che abbia qualche parvenza di licenza per la cucina – ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, case del popolo, circoli sportivi o ricreativi – oggi ha un menù, più o meno ricco di pesce. Tutti vediamo che cambiano le abitudini della società per tanti aspetti e l’enogastronomia non fa eccezione. Negli ultimi 10-15 anni si è esplosa la “mania” per il pesce. Se fino a metà degli anni ’90 era difficile trovare nella “terra di mezzo” (quel territorio come il nostro che sta tra la collina e il mare) oppure negli Appennini, esercizi che proponessero menù ittici – se non quelli di una certa “caratura” – oggi la situazione è completamente mutata. La rendita di posizione dei ristoranti della riviera è praticamente sfumata. Il pesce si è “fatto strada” e le persone desiderano trovarlo pure sotto casa, senza dover fare troppi chilometri. Di conseguenza si è adeguata la ristorazione – pure sul prezzo - per soddisfare l’aumentata richiesta a cui ha contribuito , in parte, anche la moda per il “famoso” Sushi giapponese. Devo dire che a tavola la scelta di piatti di pesce sviluppa una comunicazione molto divertente, in cui si confrontano “esperti” che manifestano certezze elargendo, tra luoghi comuni e “falsi storici”, consigli, su cui primeggia sempre come più importante la disquisizione sul come riconoscere se il pesce servito sia fresco (sebbene il cameriere ci fornisca ampie assicurazioni). Il problema però resta: quanti ristoranti possono avere pesce veramente fresco ? Agli “esperti” la dotta risposta. Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Sabato Sera DUE l'11 ottobre 2008
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