Come il resto dell’Italia, anche il territorio imolese e il suo circondario presentano ogni anno un importante calendario di sagre e manifestazioni gastronomiche spalmate sul nostro territorio, a grandi linee, da febbraio a novembre.
Le sagre sono delle feste dei sapori e del gusto, feste della tradizione e della convivialità, sono in qualche modo eventi “custodi” della nostra memoria che permettono altresì di tramandare e riscoprire le radici, anche alle nuove generazioni, in modo divertente e coinvolgente.
Negli ultimi anni c’è stato un moltiplicarsi di iniziative legate alla gastronomia, e ciò è lodevole, ma sarebbe importante che le varie sagre e feste popolari fossero sempre e in ogni caso legate al territorio, all’ambiente ed alle autentiche tradizioni locali. Non si dovrebbe mai dimenticare che le sagre dovrebbero svolgere un ruolo di difesa e valorizzazione della cucina regionale legata al territorio, alle sue tradizioni, ai suoi prodotti tipici. L’Italia è una terra di tante e ottime cucine regionali, territoriali, di paese e anche di quartiere; questo è il suo pregio e carattere distintivo per esempio da quello francese che, al contrario, possiede una “grande” cucina nazionale derivante dal suo passato di paese con re ed imperatori con corti vaste, così come le enormi brigate di cucina al loro servizio.
Ma tornando al tema, è vero che oggi queste manifestazioni raccolgono sempre un grande successo di visitatori e quindi, come si dice, “business is business” (gli affari sono affari), ma il passaggio, nel tempo, dal concetto di sagra sostanzialmente religiosa a quello di festa popolare non dovrebbe far perdere a queste iniziative le proprie radici ambientali. Non dimentichiamo, difatti, che le sagre nascono come feste legate normalmente ad un momento religioso: pagano prima, cristiano poi. La maggior parte di queste venivano identificate in precisi momenti dell’anno legati al lavoro della terra e/o a particolari momenti della vita religiosa. Ancora oggi alcune di queste sagre mantengono questa “ricordo” nei nomi – festa dell’Assunzione, di San Giovanni, di Sant’Antonio oppure “Lom a Merz”, la “Sfujareia”, ecc. – che legano contemporaneamente ai periodi in cui si svolgono, anche i prodotti gastronomici legati alla stagione.
Le sagre erano momenti unici nella vita di un paese, momenti di grande socializzazione, di unione e identificazione per la sua gente che non aveva molti momenti di svago come ora e a cui partecipavano anche le persone provenienti dalle campagne e dai paesi limitrofi. Si conducevano affari – spesso c’era anche un mercato di bestiame – si mangiava e si beveva (molto) e ci si divertiva; ed essendo la Romagna una società fortemente “maschile” i passatempi erano rintracciabili in base all’età dell’uomo...
Si può quindi affermare che queste sagre sono qualcosa di nuovo e qualcosa di antico, in quanto alle feste a cui si faceva riferimento poc’anzi sono state aggiunte, nel tempo, sagre dedicate ai prodotti enogastronomici, quasi sempre, del territorio. Così nell’imolese e nel suo circondario troviamo dalla sagra della tagliatella a quella dell’uva, da quella del raviolo a quella della castagna e del cocomero. Un discorso a parte riguardano, nel nostro territorio, tre sagre in particolare di cui una è scomparsa da anni, ma particolarmente rappresentative dei prodotti locali. La prima è quella dell’albicocca che consacra(va) la famosa, a livello non solo nazionale, “Reale d’Imola”, una varietà molto produttiva, saporita e di grande pezzatura che presenta una buccia arancione e una polpa profumata e compatta che, di fatto, sta scomparendo; la seconda è quella della polenta che si svolge oggi a Borgo Tossignano – una volta il paese era Tossignano e Borgo era ciò che esprime la parola – con radici nel XVII secolo e dove la distribuzione era totalmente gratuita al popolo addirittura per decreto. L’ultima è la (una volta) famosa sagra dei fragoloni che io ricordo da bambino si svolgeva nel viale del parco delle acque minerali, vicino al luogo dell’incidente a Senna per intenderci, nata all’inizio degli anni ’50 e terminata all’incirca negli anni ‘70.
E’ importante sottolineare che la realizzazione delle sagre ha una rilevante ricaduta sia sull’associazionismo del territorio, ne sono conferma le migliaia di cittadini che vi partecipano accanto a centinaia di volontari impegnati, sia per l’economia e il turismo, sia per il legame che si crea tra Amministrazioni locali, imprese e cittadini. Terre e luoghi vocati alla produzione di vini tipici, prodotti e sapori genuini della terra, creazioni gastronomiche retaggio di abilità manuale e cultura delle tradizioni, tutto concorre a costruire così la possibilità, per il turista motivato e curioso, nonché appassionato di temi enologi e gastronomici, di conoscere ed assaggiare prodotti della terra viaggiando e scoprendo nuovi territori.
A questo proposito il “Baccanale” è uno splendido esempio di come un duro lavoro di, studio, concerto e organizzazione, compiuto dall’Assessorato alla Cultura con organizzazioni, enti ed associazioni, possa originare un evento di eccellenza ormai noto a livello nazionale e che suscita grande interesse. Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Il Domani di domenica 29 giugno 2008
Le sagre sono delle feste dei sapori e del gusto, feste della tradizione e della convivialità, sono in qualche modo eventi “custodi” della nostra memoria che permettono altresì di tramandare e riscoprire le radici, anche alle nuove generazioni, in modo divertente e coinvolgente.
Negli ultimi anni c’è stato un moltiplicarsi di iniziative legate alla gastronomia, e ciò è lodevole, ma sarebbe importante che le varie sagre e feste popolari fossero sempre e in ogni caso legate al territorio, all’ambiente ed alle autentiche tradizioni locali. Non si dovrebbe mai dimenticare che le sagre dovrebbero svolgere un ruolo di difesa e valorizzazione della cucina regionale legata al territorio, alle sue tradizioni, ai suoi prodotti tipici. L’Italia è una terra di tante e ottime cucine regionali, territoriali, di paese e anche di quartiere; questo è il suo pregio e carattere distintivo per esempio da quello francese che, al contrario, possiede una “grande” cucina nazionale derivante dal suo passato di paese con re ed imperatori con corti vaste, così come le enormi brigate di cucina al loro servizio.
Ma tornando al tema, è vero che oggi queste manifestazioni raccolgono sempre un grande successo di visitatori e quindi, come si dice, “business is business” (gli affari sono affari), ma il passaggio, nel tempo, dal concetto di sagra sostanzialmente religiosa a quello di festa popolare non dovrebbe far perdere a queste iniziative le proprie radici ambientali. Non dimentichiamo, difatti, che le sagre nascono come feste legate normalmente ad un momento religioso: pagano prima, cristiano poi. La maggior parte di queste venivano identificate in precisi momenti dell’anno legati al lavoro della terra e/o a particolari momenti della vita religiosa. Ancora oggi alcune di queste sagre mantengono questa “ricordo” nei nomi – festa dell’Assunzione, di San Giovanni, di Sant’Antonio oppure “Lom a Merz”, la “Sfujareia”, ecc. – che legano contemporaneamente ai periodi in cui si svolgono, anche i prodotti gastronomici legati alla stagione.
Le sagre erano momenti unici nella vita di un paese, momenti di grande socializzazione, di unione e identificazione per la sua gente che non aveva molti momenti di svago come ora e a cui partecipavano anche le persone provenienti dalle campagne e dai paesi limitrofi. Si conducevano affari – spesso c’era anche un mercato di bestiame – si mangiava e si beveva (molto) e ci si divertiva; ed essendo la Romagna una società fortemente “maschile” i passatempi erano rintracciabili in base all’età dell’uomo...
Si può quindi affermare che queste sagre sono qualcosa di nuovo e qualcosa di antico, in quanto alle feste a cui si faceva riferimento poc’anzi sono state aggiunte, nel tempo, sagre dedicate ai prodotti enogastronomici, quasi sempre, del territorio. Così nell’imolese e nel suo circondario troviamo dalla sagra della tagliatella a quella dell’uva, da quella del raviolo a quella della castagna e del cocomero. Un discorso a parte riguardano, nel nostro territorio, tre sagre in particolare di cui una è scomparsa da anni, ma particolarmente rappresentative dei prodotti locali. La prima è quella dell’albicocca che consacra(va) la famosa, a livello non solo nazionale, “Reale d’Imola”, una varietà molto produttiva, saporita e di grande pezzatura che presenta una buccia arancione e una polpa profumata e compatta che, di fatto, sta scomparendo; la seconda è quella della polenta che si svolge oggi a Borgo Tossignano – una volta il paese era Tossignano e Borgo era ciò che esprime la parola – con radici nel XVII secolo e dove la distribuzione era totalmente gratuita al popolo addirittura per decreto. L’ultima è la (una volta) famosa sagra dei fragoloni che io ricordo da bambino si svolgeva nel viale del parco delle acque minerali, vicino al luogo dell’incidente a Senna per intenderci, nata all’inizio degli anni ’50 e terminata all’incirca negli anni ‘70.
E’ importante sottolineare che la realizzazione delle sagre ha una rilevante ricaduta sia sull’associazionismo del territorio, ne sono conferma le migliaia di cittadini che vi partecipano accanto a centinaia di volontari impegnati, sia per l’economia e il turismo, sia per il legame che si crea tra Amministrazioni locali, imprese e cittadini. Terre e luoghi vocati alla produzione di vini tipici, prodotti e sapori genuini della terra, creazioni gastronomiche retaggio di abilità manuale e cultura delle tradizioni, tutto concorre a costruire così la possibilità, per il turista motivato e curioso, nonché appassionato di temi enologi e gastronomici, di conoscere ed assaggiare prodotti della terra viaggiando e scoprendo nuovi territori.
A questo proposito il “Baccanale” è uno splendido esempio di come un duro lavoro di, studio, concerto e organizzazione, compiuto dall’Assessorato alla Cultura con organizzazioni, enti ed associazioni, possa originare un evento di eccellenza ormai noto a livello nazionale e che suscita grande interesse. Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Il Domani di domenica 29 giugno 2008
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