Geeelaatii ! Le generazioni fino agli anni del “baby boomers” (1964-65) ricorderanno il grido pomeridiano di Sasso che con il suo carretto a bicicletta verdino chiaro, con mobile sul davanti passava per molte vie di Imola - al mattino era di fronte alle scuole con i bomboloni e i ciambellini fritti – e proponeva quattro gusti, prelevati da altrettanti bidoni incassati nella struttura, con il cono o il “mattoncino” creato con uno stampino in metallo, che mi attirava tantissimo, con due cialdine ed in mezzo il gelato. In ogni via si conosceva più o meno l’orario di passaggio e si stava nelle vicinanze della strada con le 50 lire (più o meno) che mamma ci aveva dato.
Altri tempi, anche per il gelato. In quegli anni di gelaterie artigianali ad Imola non ne ricordo molte: “Il Polo”, “Nicola”, il “Zanarini” imolese e non saprei quali altri citare. Erano anche anni in cui alcuni “artigiani” in realtà usavano “le bustine” per ottenere i diversi gusti. Anche le modalità di fruizione erano completamente differenti. Il gelato era soprattutto “da passeggio”, ordinarlo e consumarlo al tavolo veniva considerato un lusso che ci si poteva concedere qualche volta, ma non troppo spesso; portarlo poi a casa – non esistevano quelle simpatiche vaschette che ti danno oggi - significava arrivare con una buona parte di questo meraviglioso alimento (capirete che ne sono goloso) “squagliato” nella carta sottoponendoci ad un rito di recupero improprio che qui non descriverò nel dettaglio. In ultimo il gelato artigianale era assolutamente associato al periodo estivo.
Nel tempo l’attenzione e la domanda per il gelato sono via via cresciute, parallelamente alla cura e al raffinarsi dell’arte, e anche nella nostra città sono sorte nuove gelaterie. Dal 2000 poi, complice l’attenzione delle persone che aspirano a mettersi in proprio che le hanno considerate ottime fonti di affari, sono fioriti un tal numero di esercizi che è difficile anche a Imola farne un conto esatto. Tra l’altro ce ne sono altre di prossima apertura. E questo, potete constatarlo tutti, è un fenomeno nazionale.
Sono cambiati i tempi si diceva e il gelato oggi, anche se è un prodotto strettamente legato alla tradizione, lo si può trovare con un’incredibile varietà di gusti, declinato in diverse consistenze e proposto in numerose forme, il tutto consolidato da una ben radicata esperienza di cui noi italiani siamo certamente i maestri riconosciuti a livello mondiale. Oggi tutti parlano del gelato che viene a tutti gli effetti annoverato come un vero e proprio alimento. I nutrizionisti e i dietologi ormai considerano il gelato non più come un semplice dessert o una merenda, ma alla stregua di una importante componente dell’alimentazione (non solo estiva), ricco com’è di notevoli apporti nutritivi. Nell’ambito di un’alimentazione equilibrata o anche di vere e proprie diete, una porzione di gelato entra come componente sostitutivo di un pasto, appesantendo meno, oppure come merenda o “rompi digiuno. Una profonda trasformazione dunque negli usi e costumi alimentari non soltanto italiani, ma anche di molti altri Paesi, ovunque sia giunto un gelataio italiano a proporre le sue specialità. Ma non bisogna dimenticare che l’industria italiana è leader mondiale nella produzione anche di macchine per il gelato artigianale o industriale (Carpigiani docet), così come è prima nel mondo nella produzione di macchine per il caffè espresso. Un momento importante per il successo del “made in Italy” e del “Sistema Italia” che dovrebbe farci comprendere come possediamo ancora molte eccellenze su cui impegnarci. Il gelato ha radici antichissime recuperabili prima del “Natale di Roma”, naturalmente in forme diverse da come lo vediamo oggi, ma si sviluppa dagli alchimisti, medici e gastronomi delle corti mediterranee rinascimentali, prima in Sicilia e poi nel resto dell’Italia, da dove si diffuse a tutta l’Europa. Per molti secoli i sorbetti gelati, furono cibi più prestigiosi di quelli caldi ed appannaggio dei castelli e dei palazzi, che possedevano una ghiacciaia. Un aiuto alla diffusione europea del gelato fu dato appunto dai gelatai italiani e soprattutto di quelli veneti che, durante l'estate, emigravano dalle valli alpine e prealpine verso i paesi del nord. Con il “grande freddo” degli alchimisti, nella cucina – meglio nell’ambito della pasticceria – si è sviluppata l’arte della gelateria. I gelati, ottenuti con una sapiente combinazione di un forte freddo con un’azione meccanica, non sono gli unici alimenti della “cucina del freddo”, che comprende anche i sorbetti, i ghiaccioli, le granite (quelle vere!, non quelle ottenute con ghiaccio tritato), i frappé, i semifreddi e le torte gelate. Noi italiani siamo tra i maggiori consumatori di gelati artigianali (12 kg per persona e per anno) e tra i minori consumatori di quelli industriali (meno di 5 kg per persona e per anno) contrariamente ad americani ed australiani che sono i maggiori consumatori di gelato industriale (circa 24 e 23 kg pro capite).
Quando si assapora un buon gelato ben lavorato e pastoso, che può essere leccato e che si scioglie delicatamente in bocca, di fatto si vive, a mio parere, una esperienza tutta particolare ed irripetibile per le sensazioni di appagamento e piacere che offre sia al palato che al nostro spirito.
Questi momenti, seppur brevi, permettono di ignorare per un poco il punto di vista calorico e il pensiero per la nostra forma che, oggi, paiono prendere il sopravvento sul piacere del vivere che è fatto anche di “rotondità”.
Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Il Domani di domenica 21 giugno 2008
Altri tempi, anche per il gelato. In quegli anni di gelaterie artigianali ad Imola non ne ricordo molte: “Il Polo”, “Nicola”, il “Zanarini” imolese e non saprei quali altri citare. Erano anche anni in cui alcuni “artigiani” in realtà usavano “le bustine” per ottenere i diversi gusti. Anche le modalità di fruizione erano completamente differenti. Il gelato era soprattutto “da passeggio”, ordinarlo e consumarlo al tavolo veniva considerato un lusso che ci si poteva concedere qualche volta, ma non troppo spesso; portarlo poi a casa – non esistevano quelle simpatiche vaschette che ti danno oggi - significava arrivare con una buona parte di questo meraviglioso alimento (capirete che ne sono goloso) “squagliato” nella carta sottoponendoci ad un rito di recupero improprio che qui non descriverò nel dettaglio. In ultimo il gelato artigianale era assolutamente associato al periodo estivo.
Nel tempo l’attenzione e la domanda per il gelato sono via via cresciute, parallelamente alla cura e al raffinarsi dell’arte, e anche nella nostra città sono sorte nuove gelaterie. Dal 2000 poi, complice l’attenzione delle persone che aspirano a mettersi in proprio che le hanno considerate ottime fonti di affari, sono fioriti un tal numero di esercizi che è difficile anche a Imola farne un conto esatto. Tra l’altro ce ne sono altre di prossima apertura. E questo, potete constatarlo tutti, è un fenomeno nazionale.
Sono cambiati i tempi si diceva e il gelato oggi, anche se è un prodotto strettamente legato alla tradizione, lo si può trovare con un’incredibile varietà di gusti, declinato in diverse consistenze e proposto in numerose forme, il tutto consolidato da una ben radicata esperienza di cui noi italiani siamo certamente i maestri riconosciuti a livello mondiale. Oggi tutti parlano del gelato che viene a tutti gli effetti annoverato come un vero e proprio alimento. I nutrizionisti e i dietologi ormai considerano il gelato non più come un semplice dessert o una merenda, ma alla stregua di una importante componente dell’alimentazione (non solo estiva), ricco com’è di notevoli apporti nutritivi. Nell’ambito di un’alimentazione equilibrata o anche di vere e proprie diete, una porzione di gelato entra come componente sostitutivo di un pasto, appesantendo meno, oppure come merenda o “rompi digiuno. Una profonda trasformazione dunque negli usi e costumi alimentari non soltanto italiani, ma anche di molti altri Paesi, ovunque sia giunto un gelataio italiano a proporre le sue specialità. Ma non bisogna dimenticare che l’industria italiana è leader mondiale nella produzione anche di macchine per il gelato artigianale o industriale (Carpigiani docet), così come è prima nel mondo nella produzione di macchine per il caffè espresso. Un momento importante per il successo del “made in Italy” e del “Sistema Italia” che dovrebbe farci comprendere come possediamo ancora molte eccellenze su cui impegnarci. Il gelato ha radici antichissime recuperabili prima del “Natale di Roma”, naturalmente in forme diverse da come lo vediamo oggi, ma si sviluppa dagli alchimisti, medici e gastronomi delle corti mediterranee rinascimentali, prima in Sicilia e poi nel resto dell’Italia, da dove si diffuse a tutta l’Europa. Per molti secoli i sorbetti gelati, furono cibi più prestigiosi di quelli caldi ed appannaggio dei castelli e dei palazzi, che possedevano una ghiacciaia. Un aiuto alla diffusione europea del gelato fu dato appunto dai gelatai italiani e soprattutto di quelli veneti che, durante l'estate, emigravano dalle valli alpine e prealpine verso i paesi del nord. Con il “grande freddo” degli alchimisti, nella cucina – meglio nell’ambito della pasticceria – si è sviluppata l’arte della gelateria. I gelati, ottenuti con una sapiente combinazione di un forte freddo con un’azione meccanica, non sono gli unici alimenti della “cucina del freddo”, che comprende anche i sorbetti, i ghiaccioli, le granite (quelle vere!, non quelle ottenute con ghiaccio tritato), i frappé, i semifreddi e le torte gelate. Noi italiani siamo tra i maggiori consumatori di gelati artigianali (12 kg per persona e per anno) e tra i minori consumatori di quelli industriali (meno di 5 kg per persona e per anno) contrariamente ad americani ed australiani che sono i maggiori consumatori di gelato industriale (circa 24 e 23 kg pro capite).
Quando si assapora un buon gelato ben lavorato e pastoso, che può essere leccato e che si scioglie delicatamente in bocca, di fatto si vive, a mio parere, una esperienza tutta particolare ed irripetibile per le sensazioni di appagamento e piacere che offre sia al palato che al nostro spirito.
Questi momenti, seppur brevi, permettono di ignorare per un poco il punto di vista calorico e il pensiero per la nostra forma che, oggi, paiono prendere il sopravvento sul piacere del vivere che è fatto anche di “rotondità”.
Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Il Domani di domenica 21 giugno 2008
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