La festa ha origini molto antiche. Fin dai tempi più remoti infatti si conoscono tradizioni collegate alla rinascita del sole che, dopo essere apparso nei giorni precedenti nel punto del massimo declino, nella sua fase più debole per luce e calore, dal 22 al 24 dicembre sembra fermarsi in cielo ( solstitiu(m) significa sole fermo) per riprendere subito dopo il suo cammino verso l'alto, ogni giorno di più, fino al solstizio d'estate dove invece si verifica il fenomeno inverso. Yule è una festività solare e cade nel primo giorno d'inverno. Yule è conosciuta anche come la notte del Solstizio Invernale. Questo periodo, caratterizzato dalle feste dedicate al dio sole, veniva già festeggiato dagli antichi Egizi e nell'antica Roma, con i Saturnali.
La celebrazione del solstizio d'inverno si diffuse rapidamente in tutta Europa e nacque così nelle campagne la festività di Yule, legata alla celebrazione del sole e della madre terra che si prepara, riscaldata dai primi raggi, alla futura semina. Con il rito del ceppo di Yule si perpetua ogni anno, oltre alla tradizione di stringersi tutti attorno al fuoco, anche questa antica e ripetuta battaglia.
Da tutto questo e dalle pratiche che seguono, è facile arrivare alla conclusione ed alla comprensione del perchè la chiesa cristiana avesse scelto questo periodo per festeggiare la natività del Cristo e perchè avesse fatto sue anche queste celebrazioni inglobandole gran parte nei suoi festeggiamenti.
Insomma tra il IV° e il V° secolo la Chiesa romana, preoccupata dalla straordinaria diffusione dei culti solari e soprattutto dal mithraismo, che con la sua morale e spiritualità, non dissimile dal cristianesimo, poteva frenare se non arrestare la diffusione del vangelo, pensò di celebrare nello stesso giorno del Natale del Sole (Sole Invictus) il Natale del Cristo, come vero Sole.
Troppo radicata era la festa del solstizio invernale, troppo sentiti i festeggiamenti e le antiche tradizioni legati alla rinascita del dio sole e al risveglio della terra da parte dei popoli, per non sovrapporsi ad esse, con la speranza di sradicarle dalla mente delle genti. Il Cristo viene comunque associato al Sole come simbolo di luce vivificante e quindi entrambe le festività possono fondersi tranquillamente tra loro senza contrasti. In realtà la data della nascita di Cristo è sconosciuta. Non se ne conosce esattamente l'anno, anche se sulla base di avvenimenti storicamente accertati (censimento indetto dall'imperatore Augusto nel 4 a.c., data della morte di Re Erode che si attesta nel 4 a.c.) si ipotizza che possa essere avvenuta in un lasso di tempo che va dal 4 a.c. al 7 a.c., tanto meno se ne conosce il mese. Neppure i Vangeli lo segnalano con precisione, ma Luca allude a circostanze che fanno pensare ad un periodo diverso da quello invernale (le greggi erano al pascolo intorno alla grotta della natività e questo non poteva avvenire d'inverno, perché i pastori ebrei partivano per i pascoli con la prima luna piena di primavera, tornando in autunno) e comunque solo nel IV° secolo si consolida la tradizione di festeggiare la Natività il 25 dicembre, mentre fino ad allora si era festeggiata in diverse date, il 28 marzo, il 18 aprile o il 29 maggio, più accettabili storicamente, e il 6 gennaio (Epifania significava l'apparizione del Cristo). Il 25 dicembre è dunque una data convenzionale, scelta in ragione di passaggi ciclici stagionali e frutto d'un processo sincretico.
Insomma tra il IV° e il V° secolo la Chiesa romana, preoccupata dalla straordinaria diffusione dei culti solari e soprattutto dal mithraismo, che con la sua morale e spiritualità, non dissimile dal cristianesimo, poteva frenare se non arrestare la diffusione del vangelo, pensò di celebrare nello stesso giorno del Natale del Sole (Sole Invictus) il Natale del Cristo, come vero Sole.
Troppo radicata era la festa del solstizio invernale, troppo sentiti i festeggiamenti e le antiche tradizioni legati alla rinascita del dio sole e al risveglio della terra da parte dei popoli, per non sovrapporsi ad esse, con la speranza di sradicarle dalla mente delle genti. Il Cristo viene comunque associato al Sole come simbolo di luce vivificante e quindi entrambe le festività possono fondersi tranquillamente tra loro senza contrasti. In realtà la data della nascita di Cristo è sconosciuta. Non se ne conosce esattamente l'anno, anche se sulla base di avvenimenti storicamente accertati (censimento indetto dall'imperatore Augusto nel 4 a.c., data della morte di Re Erode che si attesta nel 4 a.c.) si ipotizza che possa essere avvenuta in un lasso di tempo che va dal 4 a.c. al 7 a.c., tanto meno se ne conosce il mese. Neppure i Vangeli lo segnalano con precisione, ma Luca allude a circostanze che fanno pensare ad un periodo diverso da quello invernale (le greggi erano al pascolo intorno alla grotta della natività e questo non poteva avvenire d'inverno, perché i pastori ebrei partivano per i pascoli con la prima luna piena di primavera, tornando in autunno) e comunque solo nel IV° secolo si consolida la tradizione di festeggiare la Natività il 25 dicembre, mentre fino ad allora si era festeggiata in diverse date, il 28 marzo, il 18 aprile o il 29 maggio, più accettabili storicamente, e il 6 gennaio (Epifania significava l'apparizione del Cristo). Il 25 dicembre è dunque una data convenzionale, scelta in ragione di passaggi ciclici stagionali e frutto d'un processo sincretico.
E questa sovrapposizione operata dal Cristianesimo sulle tradizioni popolari preesistenti non riguardò solo il Natale, ma anche altre ricorrenze pagane. Per fare pochi esempi: la festa di San Giorgio ha rimpiazzato l'antichissima festività della "Parilia"; i festeggiamenti di San Giovanni Battista hanno sostituito la festa dell'acqua, che era celebrata a mezz'estate; la festività dell'Assunzione della Vergine ha preso il posto delle celebrazioni di Diana; Samhain è diventata la festa di Ognissanti e via di seguito.
Anche al giorno del riposo settimanale (primo giorno della settimana - festa di stato introdotta da Costantino nel 321) che si chiamava "giorno del sole" (dies solis) fu cambiato il nome in Domenica= giorno del Signore. Ma nei paesi anglosassoni perennemente rimase il nome che Wulfrida l'ariano (creatore della lingua tedesca) aveva introdotto e mutuato dal latino: in inglese infatti rimase Sun-day e in tedesco Son-tag.
Anche al giorno del riposo settimanale (primo giorno della settimana - festa di stato introdotta da Costantino nel 321) che si chiamava "giorno del sole" (dies solis) fu cambiato il nome in Domenica= giorno del Signore. Ma nei paesi anglosassoni perennemente rimase il nome che Wulfrida l'ariano (creatore della lingua tedesca) aveva introdotto e mutuato dal latino: in inglese infatti rimase Sun-day e in tedesco Son-tag.
E' da queste origini che risale la tradizione del ceppo natalizio, ceppo che doveva essere preferibilmente di quercia, un legno propiziatorio, e doveva bruciare nelle case per 12 giorni consecutivi: da come bruciava si presagiva come sarebbe stato l'anno futuro. Il ceppo natalizio ai nostri giorni si è trasformato nelle luci e nelle candele che addobbano case, alberi e strade. Il Solstizio d'Inverno è il passaggio dalle Tenebre alla Luce, è da questo giorno che il sole resta progressivamente sempre più a lungo nel cielo allungando così le nostre giornate. Le porte Sostiziali sono controllate dai due Giovanni; il Battista al solstizio estivo e l'Evangelista a quello invernale. Il solstizio stesso è chiamato "la porta", un tempo custodita dal guardiano Giano Bifronte (con l'avvento del cristianesimo il romano Giano dai due volti ha ceduto il posto ai due Giovanni) che sono il simbolo di una contemporanea esistenza di due dimensioni, che durante i solstizi si congiungono e le porte sono aperte ed è permesso il varco. Nelle tradizioni e ritualità della festa del Sole troviamo anche molte altre cose in comune con il cristianesimo che certamente quest'ultimo mutuò dalle prime. Vi sono riti e feste, sussistenti ormai solo per consuetudine nel mondo moderno, che si possono paragonare a quei grandi massi che il movimento delle morene di antichi ghiacciai ha trasportato dalla vastità del mondo delle vette giù, fin verso le pianure. Tali sono, ad esempio, le ricorrenze che come Natale ed anno nuovo rivestono oggi prevalentemente il carattere di una festa familiare borghese, mentre esse sono ritrovabili già nella preistoria e in molti popoli con un ben diverso sfondo, compenetrate da un significato cosmico e universale. Di solito, passa inosservato il fatto che la data del Natale non è convenzionale e dovuto solo ad una particolare tradizione religiosa, ma è determinata da una situazione astronomica precisa: è la data del solstizio d’inverno. E proprio il significato che nelle origini ebbe questo solstizio andò a definire, attraverso un adeguato simbolismo, la festa corrispondente. Si tratta, tuttavia, di un significato che ebbe forte rilievo soprattutto in quei progenitori delle razze indoeuropee, la cui patria originaria si trovava nelle regioni settentrionali e nei quali, in ogni caso, non si era cancellato il ricordo delle ultime fasi del periodo glaciale. In una natura minacciata del gelo eterno l’esperienza del corso della luce del sole nell’anno doveva avere un’importanza particolare, e proprio il punto del solstizio d’inverno rivestiva un significato drammatico che lo distinguerà da tutti gli altri punti del corso annuale del sole. Infatti, nel solstizio d’inverno, il sole, essendo giunto nel suo punto più basso dell’eclittica, la luce sembra spegnersi, abbandonare le terre, scendere nell’abisso, mentre ecco che invece essa di nuovo si riprende, si rialza e risplende, quasi come in una rinascita. Un tale punto valse, perciò, nei primordi, come quello della nascita o della rinascita di una divinità solare. Nel simbolismo primordiale il segno del sole come “Vita”, “Luce delle Terre”, è anche il segno dell’Uomo. E come nel suo corso annuale il sol e muore e rinasce, così anche l’Uomo ha il suo “anno”, muore e risorge. Questo stesso significato fu suggerito, nelle origini, dal solstizio d’inverno, a conferirgli il carattere di un “mistero”. In esso la forza solare discende nella “Terra”, nelle “Acque”, nel “Monte” (ciò in cui, nel punto più basso del suo corso, il sole sembra immergersi), per ritrovare nuova vita. Nel suo rialzarsi, il suo segno si confonde con quello de “l’Albero” che sorge (“l’Albero della Vita” la cui radice è nell’abisso), sia “dell’Uomo cosmico” con le “braccia alzate”, simbolo di resurrezione. Con ciò prende anche inizio un nuovo ciclo, “l’anno nuovo”, la “nuova luce”. Per questo, la data in questione sembra aver coinciso anche con quella dell’inizio dell’anno nuovo (del capodanno).
È da notare che anche Roma antica conobbe un “natale solare”: proprio nella stessa data, ripresa successivamente dal cristianesimo, del 24-25 dicembre essa celebrò il Natalis Invicti, o Natalis Solis Invicti (natale del Sole invincibile). In ciò si fece valere l’influenza dell’antica tradizione iranica, da tramite avendo fatto il mithracismo, la religione cara ai legionari romani, che per un certo periodo si disputò col cristianesimo il dominio spirituale dell’Occidente. E qui si hanno interessanti implicazioni, estendendosi fino ad una concezione mistica della vittoria e dell’imperium. Come invincibile vale il sole, per il suo ricorrente trionfare sulle tenebre. E tale invincibilità, nell’antico Iran, fu trasferita ad una forza dall’alto, al cosiddetto “hvareno”. Proprio al sole e ad altre entità celesti, questo “hvareno” scenderebbe sui sovrani e sui capi, rendendoli parimenti invincibili e facendo si che i loro soggetti in essi vedessero uomini che erano più che semplici mortali. Ed anche questa particolare concezione prese piede nella Roma imperiale, tanto che sulle sue monete, spesso ci si riferisce al “sole invincibile”, e che gli attributi della forza mistica di vittoria sopra accennata si confusero non di rado con quelli dell’Imperatore.
Tornando al “natale solare” delle origini, si potrebbero rilevare particolari corrispondenze in ciò che ne è sopravvissuto come vestigia, nelle consuetudini della festa moderna. Fra l’altro un’eco offuscata è lo stesso uso popolare di accendere sul tradizionale albero delle luci nella notte di Natale. L’albero, come abbiamo visto, valeva infatti come un simbolo della resurrezione della Luce, di là della minaccia delle notte. Anche i doni che il Natale porta ai bambini costituiscono un’eco remota, un residuo morenico: l’idea primordiale era il dono di luce e di vita che il Sole nuovo, Il “Figlio”, dà agli uomini. Dono da intendersi sia in senso materiale che in senso spirituale.
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